Nella Bolla del Pontefice Anastasio IV del 1154 si fa riferimento a S. Michele di Voltorre come uno dei tre monasteri in possesso dell’abbazia benedettina canavesana di Fruttuaria, con i priorati di Ganna, Padregnano e la canonica di Cucciago.
Ubicato sul lago di Varese nel comune di Gavirate, il monastero poteva facilmente controllare le vie di comunicazione che dal cuore della Lombardia portavano al Verbano e anche ai valichi alpini. Il luogo fin dall’antichità fu destinato al culto sacro e la stessa dedicazione a San Michele potrebbe far pensare ad un cenobio preesistente al possesso dei benedettini di Fruttuaria, monastero che divenne poi importante sede in Lombardia per l’Ordo fondato da Guglielmo da Volpiano. Pur tuttavia, diversamente da Ganna, non siamo a conoscenza di documenti comprovanti tale ipotesi come nemmeno di prove ufficiali che possano testimoniare in merito alla committenza che portò ad una completa trasformazione del complesso, avvenuta nel XI secolo, con la riedificazione della chiesa e del campanile di cui restano ancora le fondamenta romane.
Dalla fonte contenuta in un documento del 1202, gli studiosi attribuiscono al magister Lanfranco de Livurno, già operante a Santa Maria del Monte, i lavori dell’edificazione del monastero e del chiostro in pietra, a pianta quadrangolare irregolare e con al centro il classico giardino. La diversità si riscontra sia nella differenza osservabile nei vari fusti delle colonnine in pietra di Saltrio sia nei motivi dei capitelli, talvolta corinzi oppure a crochet, con decorazioni naturalistiche, antropomorfe oppure semplicemente geometriche, ma sempre con una base in foglia. Quest’ultima testimonierebbe un lavoro unitario delle maestranze, benché i danni accorsi ai capitelli del lato orientale, forse sostituiti da altri tradizionali, potrebbero confondere la valutazione stilistica alterata da aggiunte successive per riparare i segni di un violento incendio. Gli studi sul chiostro di Voltorre e del portico architravato, portante i piani abitabili loggiati e del dormitorio (Ghiringhelli), non assente nelle architetture benedettine, ci portano tuttavia ad ipotizzare anche un modello di ispirazione in costruzioni cittadine medievali, non necessariamente religiose (Borroni).
Il monastero fu a lungo patronato della nobile famiglia locale dei da Clivio, a cui fece seguito un periodo di priori fruttuariensi provenienti dal Piemonte. Divenne una commenda già a metà del XIV secolo – il primo commendatario fu il cardinale romano Annibaldo de Ceccano – con tutte le conseguenze immaginabili, anche se lo scriptorium rimase attivo fino al termine del XV secolo e alcuni codici sopravvissuti sono oggi conservati alla Biblioteca Braidense. Nel 1519 Papa Leone X affidò definitivamente il complesso ai canonici lateranensi di Milano: con l’ultimo priore commendatario Alessandro Sforza cessò così qualsiasi legame con l’Ordo benedettino fruttuariense piemontese. Successivamente gli edifici e le vestigia del monastero furono utilizzati come azienda agricola, cassando la missione religiosa a parte le funzioni tenute nella chiesa parrocchiale.
La trattazione del chiostro del cenobio di Voltorre non si può concludere senza accennare agli studi e alle ipotesi paleografiche musicali inerenti alle simbologie artistiche zoomorfe presenti nei capitelli, dimostranti un collegamento tra la successione degli stessi e la notazione musicale in alcuni canti gregoriani dedicati ai santi patroni (Chierici, 1978). L’ipotesi suggestiva delle pietre che cantano suffragata dall’importanza del suono nell’architettura romanica è stata messa in dubbio soltanto negli ultimi anni (Zara, 2011), in quanto non sempre si trovano delle conferme scientifiche relative ai capitelli. Restano invece i riscontri oggettivi riguardanti in generale l’ascolto degli effetti sonori sulle pietre del coro e della chiesa durante l’ufficio dei monaci, conoscendo la cura particolare che i costruttori dedicavano al propagarsi del suono durante il canto, non diversamente dall’applicazione dell’archeo-astronomia ai fini della collocazione spaziale e orientamento degli edifici religiosi. Il cenobio di Voltorre, dunque, rientra appieno nella tipologia di costruzioni fruttuariensi, il cui fondatore l’abate-architetto Guglielmo da Volpiano – di formazione cluniacense – dedicò sempre particolare attenzione alla ricerca di quel rapporto tra soluzioni architettoniche e canto sacro gregoriano.
In conclusione, anche se oggigiorno a Voltorre camminando nel chiostro del di Ligurno non sarà possibile identificare delle vere e proprie pietre che cantano l’inno di San Michele, si potrà comunque, senza dubbio alcuno, immaginare la circolarità del chiostro romanico come ortus conclusus, analogamente ad una Liturgia benedettina delle Ore, la quale sappiamo essere, in eterno, struttura melodica strofica e ripetuta.
Bibliografia essenziale
M. Chierici. Italia romanica, Jaca Book,1978
M. Luoni. Monasteri Fruttuariensi nel Seprio, Macchione editore
P. G. Baj, G. Brotti, G. Molinari. Il complesso monastico di San Michele in Voltorre, 1985
