Immagine in copertina: Pecetto di Macugnaga e il Monte Rosa, 1887. Museo del Paesaggio di Verbania.
Tra i tanti nomi che affollano l’ottocento pittorico del territorio padano alpino occidentale spicca sicuramente quello di Federico Ashton.
Il tratto saliente del suo lavoro è rappresentato da un vero e proprio amore per la montagna alpina e i suoi inconfondibili paesaggi. Le opere di questo particolare artista, collocate in gran parte nelle collezioni private e nei musei in Insubria, non sono solamente una carrellata di pregevoli vedute montane, ma anche la testimonianza realistica della dura vita umana in altitudine tra borgate e alpeggi.
Nato a Milano nel 1836 da padre inglese e madre fiorentina, Federico Ashton frequenta l’Accademia di Brera, dove ha come insegnante Gaetano Fasanotti: l’ispirazione al vero è sicuramente quanto di meglio Ashton ha avuto dalla scuola del Fasanotti, temperata da un gusto romantico per la visione.
Comincia a dipingere ed esporre i suoi quadri abbastanza presto, dedicandosi con prevalenza al paesaggio e raccogliendo notevoli ed immediati successi. Trova il suo paesaggio ideale nell’Ossola e nella vicina Svizzera, dove ha come maestro il famoso Alexandre Calame. La sua ricerca pittorica lo porta un po’ ovunque nelle Alpi, ma il maestoso Monte Rosa rimane la montagna da lui prediletta.
Trascorre gran parte degli anni settanta a Roma per perfezionare la sua pittura e insegnare alle giovani rampolle dell’aristocrazia, mentre nel decennio successivo abita spesso sul Lago Maggiore, entrando in contatto con alcuni esponenti del Naturalismo lombardo e dirigendo anche una scuola di pittura a Pallanza.
Dal 1892 abita stabilmente a Domodossola, punto di partenza per escursioni nelle vallate ossolane e svizzere, dipingendo valli, alpeggi, paesi, passi, ghiacciai.
Nel 1904 muore cadendo in un burrone nei pressi del passo del Sempione.

