Una volta, in corrispondenza degli attuali due laghi di Avigliana, sorgeva un grosso borgo florido e ricco.

Gli agi di un lungo periodo fortunato e prosperoso avevano indurito e inasprito il cuore degli abitanti, diventati così egoisti, avari e crudeli da non fare neppure la più piccola elemosina.

Un pellegrino vestito di bianco giunse alla borgata. Appariva sfinito dal lungo cammino e si trascinava a stento nella tormenta che gli sferzava il volto pallido ed emaciato, contratto dalla fatica. Bussò di casa in casa per chiedere del cibo e un ricovero. Tutti gli chiusero la porta in faccia, rifiutandogli ogni soccorso.

Alla fine del paese, vi era una povera abitazione dove un’anziana donna viveva del poco raccolto della terra circostante. Il viandante bussò alla sua porta e la donna gli aprì e lo accolse in casa, offrendogli quel poco cibo e quel poco spazio che possedeva.

Il mattino dopo, all’alba, il viandante era sparito, e con lui anche l’inverno. Dalla finestra della modesta casetta, filtrava la luce di un sole nuovo, ricco di speranza e di calore. L’anziana donna, stupita dalla partenza prematura dello straniero, si affacciò alla finestra e notò che il borgo non c’era più.

Nessuna traccia delle strade o delle ricche dimore degli abitanti, solo due laghi blu che riempivano il vuoto lasciato dalla borgata, blu come gli occhi dell’umile viandante. Ed è così che quel misterioso uomo premiò la bontà della donna, risparmiando lei e punendo la malvagità degli abitanti della borgata, condannati dalla loro avarizia e superbia.

Non ci sono testimonianze storiche o ritrovamenti archeologici che possano attestare la veridicità di questa storia: ci rimane un detto, che continua ad essere tramandato di generazione in generazione.

Vijan-a vilan –a

Per sua buntà a l’è sprufundà.

(Avigliana villana, per la sua bontà è sprofondata)

Tratto da: Paesaggio piemonte – Miti e leggende di Avigliana

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.