Andando sulle tracce del leggendario fondatore della Sacra di San Michele, si arriva sul Monte Caprasio, oggi conosciuto come Rocca Sella, dove, in località Celle , troviamo la famosa grotta, nella quale si ritirò a vivere una vita di eremitaggio.

Bisogna accedere alla Chiesa di Santa Maria Assunta e scendere una scala per circa tre metri per poter accedere all’antico rifugio dell’eremita Giovanni.

In origine vi erano due ingressi che dovettero essere utilizzati soltanto nel medioevo e poi abbandonati a causa di problemi statici. Dal XVII secolo alla cripta dell’eremita, si accedeva soltanto dalla base del campanile attraverso una porta della navatella di destra.

La sua illuminazione è data da tre monofore che si aprono verso l’esterno, dove è situato il piccolo cimitero.

Appena si entra, sulla destra, si possono vedere due nicchie nella parete. Sono quel che rimane delle due absidiole che accolsero le reliquie del santo quando morì. Gli storici indicano, in base alle fonti finora recuperate, il 966 come data di morte. “ Sepolto nella chiesa di Santa Maria, Giovanni, invocato, intercede per numerosi miracoli e l’abate della Chiusa, da cui ormai Celle dipende, vuole procedere all’elevatio dell’uomo di Dio: ordina che il corpo dell’eremita sia posto in un sarcofago sull’altare della Chiesa”. ( M. Quirico, La casa dell’Eremita – ed. Parrocchia Santa Maria Assunta, Celle di Caprie). Le absidiole della cripta erano due perché le spoglie del santo erano suddivise: in una c’era la testa, nell’altra il corpo.

I documenti del monastero di San Michele, attestano la traslazione delle reliquie di Giovanni Vincenzo nella Chiesa di Sant’Ambrogio di Torino, tra il 1100 e il 1154. Tutte le notizie storiche provengono dalla “ Chronica monasterii Sanctii Michaelis Clusini “ redatta da un monaco della Sacra e datata tra il 1058 e il 1061.

La tradizione popolare narra che le spoglie di Giovanni Vincenzo furono caricate su un mulo per essere portate alla Sacra di San Michele, ma, giunto in Sant’Ambrogio, il mulo si bloccò e si rifiutò di proseguire nonostante le percosse. Il popolo allora colse in quest’episodio la volontà del santo di essere seppellito nella parrocchiale del paese, dove le sue spoglie si trovano tuttora.

Le ragioni per cui le spoglie del santo furono traslate in Sant’Ambrogio sono legate in realtà, da una parte, alla necessità di regolare l’afflusso dei numerosi pellegrini che a Celle non potevano più essere accolti per ragioni di spazio, dall’altra, all’ opportunità di sistemarle lungo la Via Francigena, in un luogo di grande transito e di facile accesso come appunto Sant’Ambrogio di Torino che era dipendenza della Sacra di San Michele. Nella cripta si trovano tracce pittoriche, forse dei primi devoti che vi giunsero per venerare le reliquie. Sono molto semplici e potrebbero anche essere disegni preparatori opera di un artista locale. “Si tratta di un ciclo medievale, monocromo, estremamente semplice, che riguarda lo zoccolo, parte della parete, e due volte della cripta, nonché l’accesso di destra.”Dagli studi effettuati è risultata” una somiglianza con il velario che sta alla base del campanile di San Giusto a Susa ( fine XI, inizio XII secolo), il che permette di ipotizzare la datazione del ciclo di Celle intorno all’epoca della traslazione delle reliquie del santo eremita, cioè verso il 1154” ( M. Quirico op.cit.). Merita davvero soffermarsi in questo piccolo ambiente ed osservare i disegni sulle pareti e sulle volte, cercando di intuire i pensieri e la fede di chi li ha tracciati e la loro simbologia. Oltre alla raffigurazione dell’arcangelo Michele contornato dai simboli dei quattro evangelisti, si nota una figura umana che appoggia un piede sul primo gradino di una scala a pioli, col capo rivolto verso l’alto dove è raffigurato l’arcangelo Michele.

La leggenda è nota. Giovanni Vincenzo eremita raccoglie il materiale per costruire una cappella intitolata all’arcangelo Michele qui a Celle, ma nottetempo gli angeli portano tutto sul Pirchiriano ; Giovanni Vincenzo, ubbidisce al messaggio dell’arcangelo ed edifica il primo nucleo della futura Sacra di San Michele sul monte scelto dall’arcangelo Michele.

Gli studi storici dicono che sulla vetta del Pirchiriano erano già presenti luoghi di culto pagano ( in epoca romana) e poi di culto cristiano. “ Vi erano anche ospitate delle cappellette fin dall’epoca longobarda (V secolo d.C.), dedicate a San Michele …-… così ne parla il monaco che redasse la “Chronica Monasterii Sancti Michaelis Clusini”,. A Giovanni Vincenzo viene quindi attribuito il merito della costruzione della primitiva cappella dedicata all’Arcangelo, consacrata dagli angeli. Tuttavia, storicamente, è noto che, soltanto con Ugo di Montboissier venne fondata l’abbazia tra il 983 e il 987.

Il passaggio dell’”eredità spirituale” dal Caprasio al Pirchiriano, è uno dei punti più interessanti di questa storia, anche se oggi fatichiamo a coglierne l’importanza. Per capire meglio bisogna prendere in esame la traslazione delle spoglie del santo da Celle a Sant’Ambrogio, nella chiesa a lui dedicata.

La grande fama e il grande seguito di San Giovanni Vincenzo erano legati ai suoi poteri taumaturgici. Dalle ricerche archeologiche ( Lo scavo della chiesa romanica di San Giovanni Vincenzo a Sant’Ambrogio di Torino – L.Pejrani Baricco) si apprende che nella zona dell’abside della chiesa di San Vincenzo, “ in modo del tutto inusuale si sviluppò un luogo di sepoltura riservato ai bambini, in un periodo compreso tra il 1056 e il 1174. Le tombe emerse sono circa una ventina, ma i resti scheletrici raccolti appartengono a 77 bambini e adolescenti “. Dalla stessa fonte, viene segnalato che “ l’unica ipotesi proponibile è che una sentita devozione popolare abbia indotto a porre sotto la protezione di reliquie venerate, le anime dei piccoli defunti”.

Dalla cripta, si prosegue verso la Grotta, che “ conserva il ricordo e la tradizione dell’eremo di San Giovanni Vincenzo. Ampia, completamente nella roccia, venne adattata a cappella nel 1698 con il titolo di Santa Maria ad Nives” ( M. Quirico – op.cit.). E’ qui che si ritiene che Giovanni Vincenzo abbia vissuto da eremita; la devozione popolare vi aveva accumulato numerosissimi ex-voto, oggi rimossi . Ne rimane solo uno, inizio ‘900. Facciata e portico sono ottocenteschi.

Dentro ,la Grotta è una semplice cappella, poche file di banchi poste di fronte alla zona dove si ritiene che il santo avesse il suo giaciglio; al fondo un piccolo altare con alle spalle un affresco che raffigura il santo in abiti vescovili, inginocchiato in preghiera, ma con la mitra in terra. Un piccolo portico esterno accoglie chi entra. La facciata è arricchita da due statue e un bassorilievo nel timpano. All’interno, le pareti di pietra, ne fanno un riparo naturale .

Qui l’eremita ebbe le sue visioni angeliche, un’esperienza di beatitudine che San Giovanni Vincenzo con la sua storia pare ancora trasmettere.

Tratto da: Passaggi e Sconfini – testo di Riccardo Chiarle

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.