I ruderi del polo molitorio della Fàuria, presso la frazione Oulme di Salbertrand, si trovano lungo il Rio Secco, nascosti dalla vegetazione.
Alcuni edifici di grandi dimensioni ospitavano un mulino, una pesta da canapa e una forgia a doppio maglio.
Le architetture sono articolate e curate, nonostante l’impiego esclusivo di materiali da costruzione locali, non lavorati. Edifici di grandi dimensioni, a più piani, ospitavano probabilmente anche stanze di abitazione; erano addossati alla parete rocciosa, su cui sono ancora evidenti le cavità squadrate che ospitavano le travature dei livelli orizzontali, e la sfruttavano come parte integrante della struttura.
Un primo ambiente, più in alto, era probabilmente il mulino dei cereali.
In un secondo locale è ancora possibile vedere la vasca in pietra della pesta da canapa. Un foro centrale a tre lobi fa capire che attraverso di esso si passava un fuso metallico in cui era inserita, inferiormente, la ruota orizzontale.
L’ambiente sottostante accoglieva la forgia. Ancora oggi sono evidenti le grandi pietre sagomate che accoglievano l’incastellatura dei due magli. L’albero a camme, ormai scomparso, era mosso da una ruota verticale, forse inglobata nell’edificio, azionata dal medesimo canale sospeso, in parte scavato nella roccia, che alimentava

i due opifici più a monte. L’acqua era poi convogliata verso valle con un complesso sistema di canali interrati e pozzi realizzati in muratura a secco.
Il mulino della Fàuria, fu per lungo tempo gestito dalla famiglia Marzo, ( un cognome proveniente da Venaus, nella Val Cenischia).
Già sulla quietanza del 1407 risultava nominato tra gli abitanti di Salbertrand un certo Johannis Marzo, fabri.
Ben quattro Marzo, e tutti con la qualifica di fabbro, vediamo citati sulla pergamena del 19 ottobre 1486, tra coloro che dovevano rinunciare all’esenzione della taglia, privilegio che si era trasmesso dalla famiglia Alamandorum a quanti erano diventati proprietari di beni tratti dal suo nobile fondo. E’ evidente che gli Alamandi avevano ottenuto dal Delfino anche il diritto di “ ripagium”, cioè di disporre delle rive dei corsi d’acqua, diritto ambito perché solo qui potevano sorgere mulini e fucine.
Il toponimo “ Fàuria” , che ha anche attinenza con un diffuso cognome salbertrandese, deriva dal latino “faber” fabbro.
Tratto da: Aree protette – Alpi Cozie