C’è un sentiero che da Borgone porta alle borgate montane di Chiampano e Losa salendo il pendio fra i boschi e i vigneti. Poi un cartello di legno indica “ Roca Furà”, e la si scorge, in lontananza, seminascosta dalla vegetazione, la Rocca Forata.

Finalmente , dopo il ripido sentiero, la roccia. Una parete verticale si innalza alla fine della via, e una ripida scalinata intagliata in essa conduce a una piccola piattaforma alla base della grotta.

La polvere lasciata da generazioni di scalpellini si riversa fuori dalla grotta che ricorda la bocca di un gigante di pietra.

Passo dopo passo, facendo attenzione a non scivolare, ci si fa strada sul sabbione franoso, finchè non si poggiano i piedi sulla roccia, un micascisto bianco-argenteo che ha regalato, nel tempo, tante macine per i cereali. E tante sono ancora lì, sbozzate nella pietra in attesa che gli scalpellini tornino a staccarle.

Infiltrazioni d’acqua gocciolano con ritmo lento sul pavimento della caverna. Arrivati al fondo, si ha modo di osservare tutto il luogo , di apprezzare i segni lasciato ovunque dagli scalpelli. Ovunque. Persino sul soffitto, e ci si domanda come facessero ad essere portate a valle.

La grotta pare un museo sull’estrazione delle macine. Ce ne sono di abbandonate in tutte le fasi della lavorazione. Venivano sbozzate nella roccia, poi si scavavano dei fori tra esse e la roccia, in cui venivano inseriti cunei di legno bagnati, che rigonfiandosi, staccavano il blocco.

Ma una volta staccate? C’è solo da immaginare quale potesse essere la mole delle impalcature che, al più tardi nell’Ottocento, fosse in grado di reggere il loro peso e agevolare il trasporto. E’ un posto scomodo per una cava, tanto che non sembra così strano che alcuni parlino di antiche civiltà megalitiche o addirittura di alieni.

Dove la mente non arriva a cogliere il mistero, ogni ipotesi si fa reale.

Tratto da: Storie in spalla – S. Siviero

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.