Avvicinandosi alla Sacra di San Michele, nel piazzale antistante l’inizio della salita che conduce al complesso abbaziale, si incontrano i resti di un edificio di forma ottagonale, conosciuto come il “ Sepolcro dei Monaci”. Tale denominazione risale ai tempi in cui il D’Andrade restaurò la Sacra e considerò quei resti parte di una cappella cimiteriale.
Anche se non è da escludere che intorno a questa struttura vi fossero sepolture di religiosi, sono numerosi gli studiosi che considerano il Sepolcro dei Monaci una riproduzione del Santo Sepolcro.
Già dal lontano passato, l’area della Sacra di San Michele fu un luogo di “forte evocazione della morte e resurrezione del Cristo, ma anche un richiamo alla Gerusalemme celeste . Lo stesso monastero, che si erge oltre il sepolcro, diventa simbolo e anticipazione della patria celeste o della terra promessa.” ( A. Salvatori, 2005, pag. 100)
Sembrerebbe credibile che il Sepolcro dei monaci, fino a quando fu distrutto nella metà del XVII secolo, sia stato utilizzato come chiesa, soprattutto in occasione delle funzioni della Settimana Santa.
Secondo una diffusa tradizione, il luogo in cui sorge fu già sede di un tempio pagano, anche se in effetti mancano risultanze archeologiche e fonti che possano sostenere questa tesi.
Secondo il Gaddo, la costruzione è“ prettamente cristiana e va ritenuta del X secolo. Vi si riconosce facilmente il tipo dei battisteri sparsi qua e là in Italia” (G.Gaddo, 2009, pag.104)
Gli elementi residui lasciano intravedere una oianta ottagonale con quattro cappelle rettangolari poste su una croce greca, unita da quattro nicchie circolari che insieme sostenevano il tamburo ottagonale.
Per Malladra e Ranieri, la posizione in cui sorge l’edificio era particolarmente adatta ad ospitare un’area di culto dedicata a Giano: “ La spianata dei Sepolcri è una rotonda, in parte eretta ad arte, in mezzo alla quale si eleva un rudere, molte volte secolare, di chiesa a pianta ottagonale, che la tradizione dice eretta sugli avanzi romani di un tempio pagano, dedicato a Giano bifronte, che mirava con una faccia ad Augusta Taurinorum e con l’altra ad Augusta Segusiorum. Il rudere rappresenta solo metà della chiesa benedettina, e le sue fondamenta di recente rinforzate, che emergono interamente dal poggio che lo sopporta, dimostrano che in altri tempi il livello della spianata doveva essere almeno di tre metri più alto, forse cintata torno torno da un muro, di cui si scorgono le tracce nel boschetto orientale. Il tempio, dunque, e la fascia di mobile terreno in cui venivano deposte le salme dei monaci, rappresentavano il cimitero dell’Abbazia” ( A. Malladra – E.G. Ranieri, 1907).
Da un punto di vista etimologico, Giano potrebbe derivare da “Janua” (porta) o da “Ianus” (passaggio), il che tenderebbe a consolidare la sua funzione di dio posto in un luogo di transito.
L’ulteriore caratterizzazione data dal bi frontismo confermerebbe questa funzione di guardiano, di figura destinata a osservare contemporaneamente davanti e dietro, una chiara metafora dell’onniscenza di Dio.
Ferruccio Pari, nel XIX secolo, aveva sottolineato che :” I ruderi del Sepolcro dei monaci, hanno funzioni di puro contorno romantico, in quanto il ruolo di prima donna è sempre riservato alla Sacra”.
Pari, inoltre osserva che “ questo fabbricato è perfettamente orientato sui punti cardinali Est ed Ovest, in ossequio alle prescrizioni contenute nell’antico documento “ Constitutiones Apostolicae” che imponeva ai costruttori l’orientazione degli edifici sacrali ad Est in omaggio al “Sol Oriens”, simbolo di Cristo ( Cristo Sole), in relazione al mantenimento dell’abitudine pagana ( che in tal modo veniva cristianizzata) da parte dei fedeli di pregare con il viso volto verso il nascere del sole, ossia ad Oriente” – (F. Pari,1987, pagg.45-46)
Per lo studioso si tratterebbe di un elemento importante per sostenere, in riferimento alla pianta ottagonale, il ruolo di battistero effettivamente svolto dalla costruzione chiamata Sepolcro dei monaci.
Con battistero si indica quell’edificio, nel quale si celebra il rito del battesimo e che risulta separato dalla chiesa di riferimento: ciò è determinato dalla tradizione, risalente ai primi secoli del Cristianesimo, che prescriveva ai neofiti non ancora battezzati l’esclusione alle celebrazioni liturgiche effettuate in luoghi di culto consacrati.
Il battistero ha quasi sempre otto lati: simbolo dell’ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in cui inizia l’era del Cristo. Spesso l’ottavo giorno diviene indice di vita eterna. L’ottavo giorno è quello della Resurrezione, del ritorno alla vita.
Il Gaddo ci avverte che il Sepolcro dei monaci, fino al XVII secolo, era una chiesa intitolata al Santo Stefano: nel 1621 era ancora conservata e utilizzata, ma nel 1680 le sue condizioni non erano molto dissimili dalla attuale.
Ecco cosa scriveva Goffredo Casalis nel 1849:” Non lungi dal Santuario, si presentano gli avanzi di un piccolo edifizio, il quale sembra che fosse di forma rotonda e di architettura moresca: Chiesuola di alcuni romiti, che già sin dall’anno 872 abitavano il monte Pirchiriano, sparsi qua e là in varie celle: le rovine di quel piccolo edifizio, le quali oggi chiamansi Sepolcro di monaci, sono probabilmente quelle di un oratorio, di cui si valsero quindi i monaci di San Michele, finchè non ebbero più ampia chiesa” ( G. Casalis 1849)
Tratto da: Il portale e le formelle dello Zodiaco – Massimo Centini