Sorgeva a ridosso della Porta Superior o di Francia in stretto collegamento con l’area extramuranea dove si teneva la fiera boaria: al tramonto i mercanti si ritiravano nel borgo murato con il chiudersi delle porte. Tale chiusura era annunciata dal suono del corno che si levava dalle torri della cinta. Era allora vietato aggirarsi negli spazi mercatali fuori porta ( pratus nundinarum) controllati dalle ronde armate ordinate dai massari della fiera, mentre tutta la vita notturna si concentrava dentro le mura tra le case dei privati e le locande. La popolazione di Bussoleno, era in quei giorni d’autunno almeno triplicata e i forestieri affittavano stanze e letti presso i privati sia nel borgo, sia nella contrada d’Oltre Dora. I maggiorenti preferivano sistemarsi presso le locande che nel Quattrocento nel borgo chiuso erano quattro: dell’Angelo, della Cerva, del Montone e, appunto della Croce Bianca. Quest’ultima era insegna usualissima lungo la Via Francigena tra Torino e Chambery esibendo l’emblema di Casa Savoia. L’edificio che si conserva parzialmente ancora oggi tra il il vecchio vicolo del Mulino e il Vicolo della Fiera è identificabile sulla base delle schedule catastali con l’antico “ tenementum ubi fit hospicium Crucis Albe”. La Croce Bianca dell’insegna è naturalmente sparita, ma conserva ancora in facciata la banda superiore decorata con gli stemmi dei governatorati francesi tra l’Atlantico e le Alpi, dalla Bretagna al Delfinato: richiamo forse a una clientela internazionale legata solo in parte alla fiera quanto piuttosto al traffico sulle lunghe distanze lungo la via Francigena. L’impianto sembra essere tardo quattrocentesco come denunciano le finestre crociate inserite in una apparecchiatura muraria meticcia di gusto tardivamente trecentesco.

Indubbiamente le capacità ricettive di Bussoleno in età tardo medievale erano il frutto della stessa nascita del borgo chiuso a fine Trecento come insediamento mercantile: nell’ideazione del borgo si era certo previsto di specializzare alcuni immobili proprio per l’economia di strada e l’accoglienza a pagamento.

D’altronde nel 1477 un anonimo pellegrino fiorentino diretto a Santiago de Compostela annoterà nel suo diario: “ Bossolino, un bello chastello, passasi per drento, assai hosterie e buone”, ancora al tempo di Emanuele Filiberto la fama di Bussoleno come terra mercantile dal robusto profilo fiscale si collegava all’immagine materiale d’impronta borghese degli “ ornati et egregii edifficii et buonissime hosterie” che la differenziavano dai villaggi rurali circostanti. In quegli anni gli esercizi si erano moltiplicati fino all’inverosimile se i conciatori, “caligari, cerdoni e zavattini” frequentavano la mescita di Claudio Doniero “ hospite del segno di San Crispino”; il rivolese Gabriele Giachetto era “ hospite del segno delli Tre Re”; fuori porta di Piemonte , Francesco Buffa era “ hospite del segno de Sancto Anthonio”; Giovannetta Ruffa era “ hostessa del segno della Corona”; Michele Turina “ hospite del segno delle Tre Colombe”, Nicolao Guglielmo esercitava sotto l’insegna “ dello Scudo di Francia”, che durante l’occupazione francese del Brissac aveva sostituito l’antica insegna della Croce Bianca, mentre suo fratello Beneitino esibiva quella “ del Lione”. Pur nella moltiplicazione delle insegne, che sono un bel richiamo alla cultura folclorica e demologica medievale, i principali alberghi si concentravano tra la Porta di Dora, quella di Francia e la “ruata” di Barge verso la Piazza del Pozzo: qui le insegne del Montone, dell’Angelo e della Croce Bianca ( poi Scudo di Francia), disponevano di vasti stallaggi e tettoie per le cavalcature e i carri e di magazzini per le merci, la locazione di camere più confortevoli li differenziava dalle osterie la cui frequentazione era più orientata verso una clientela locale o regionale e a una attività diurna.

Gli albergatori rappresentavano una categorie e una società di mestiere particolarmente influente nella Bussoleno medievale, come attesta la loro frequente presenza negli elenchi dei credendari e dei sindaci. D’altronde alberghi e osterie erano i luoghi dove maggiormente si tastava quotidianamente il polso della vita del borgo. Inoltre quello non era il loro lavoro esclusivo: molti contemporaneamente erano anche mercanti e controllavano i contatti con le fiere savoiarde, ginevrine e borgognone, mentre con apprezzabile frequenza risultano fideiussori o testi in contratti per altri mercanti, loro clienti abituali. Controllavano particolarmente il commercio del bestiame ovino e bovino e alimentavano con il traffico delle pelli le concerie bussolinesi tutte collocate sulla riva sinistra del fiume. Erano incaricati anche di precisi obblighi per la sicurezza: dovevano infatti ritirare ai loro clienti le armi per il periodo in cui soggiornavano nel loro esercizio, verificare che gli stessi non girassero di notte contro quanto previsto dagli statuti e si dedicassero al gioco d’azzardo nelle ore escluse dalla gabella. Il continuo richiamo a queste norme, reiterato e insistito, fa credere che nella realtà si comportassero ben diversamente , e non per nulla osti e albergatori sono la categoria più sottoposta a multe nei resoconti dei castellani. Facevano anche piccoli prestiti di denaro e accettavano in pegno svariati oggetti a garanzia di crediti o di conti non saldati: in questo modo non di rado finivano per essere coinvolti in una vera e propria attività di ricettazione e non sempre riuscivano a giovarsi della presunzione di buona fede.

Tratto da: Associazione Centro Storico Bussoleno – Luca Patria

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.

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