Le prime controversie pare, dai documenti ufficiali, siano sorte 67 anni dopo la nascita del comune nel secolo XVII e coinvolsero le comunità di Chiusa di San Michele e quella di Sant’Ambrogio, cresciute al di sotto del monte Pirchiriano, la prima ad occidente e l’altra ad oriente. Si trattò quella volta di una faccenda seria, che fece accalorare molte persone ed ebbe un seguito giudiziario nel secolo successivo. Bisognava capire quali fossero gli esatti confini dei due comuni, e la cosa risultò non di poco conto: in ballo non erano soltanto giornate di boschi e qualche diritto di passaggio ma evidentemente proprio il possesso, per così dire “geografico”, dell’antica e prestigiosa Abbazia di San Michele.

Si era nel 1730 e il sindaco di Sant’Ambrogio, Giovan Battista Rivo, aveva disposto la misurazione del territorio da egli amministrato, in particolare nelle regioni “ delle Giustitie”, “ Prandi”,” Castelletto”, “ San Michele”, “Pillardo”, “ Bertellino” e “ Casteglione”. Convinto che ogni cosa fosse stata eseguita secondo i giusti criteri, aveva ordinato di piantare i relativi termini divisori sul confine con il comune di Chiusa, senza fare i conti con l’opposizione dei battaglieri vicini che rivendicavano parte di quel territorio. I Santambrogesi presentarono allora i risultati della misurazione ordinata dal Re Vittorio Amedeo di Savoia recante la data del 13 giugno 1703, dove i termini erano stati definiti senza alcuna obiezione, se non da parte della comunità di Valgioie. Anche nel novembre del 1730, davanti all’Intendente della provincia di Susa, le carte che erano state consegnate relative ai rispettivi comuni, non segnalavano proteste. Per i santambrogesi, la denominazione “ San Michele della Chiusa”, come del resto si sente ancora oggi affermare, non era affatto una prova di appartenenza al territorio. Loro avevano avuto un tribunale, una chiesa antica, mentre Chiusa di San Michele niente di tutto questo ed in più la chiesa, oggi dedicata a San Pietro, fu generata come parrocchia soltanto da una separazione da quella di Vajes.

Nel 1741 ci andò ancora di mezzo un affitta volo dei beni della Sacra che viveva con “ i suoi domestici e bestiami” in una grangia incorporata ai muri dell’antica abbazia e che teneva il gabellotto del sale. A chi doveva consegnare il suo prodotto? Metà agli abitanti di Sant’Ambrogio e metà a quelli della Chiusa? E a chi doveva ora pagare le tasse? I santambrogesi rivendicavano anche il possesso di quella grangia e respingevano le richieste sul sale portate dai chiusini. Il prevosto di Sant’Ambrogio si era persino recato di persona nella casa del massaro per dimostrare, anche con quel gesto, il potere spirituale sulla vita di quella gente che aveva avuto la ventura di condurre la propria esistenza così a ridosso degli antichi e sacri muri.

Molti anni dopo la comunità di Chiusa San Michele ritornò alla carica e portò nelle aule del tribunale gli avversari di sempre. Il 12 novembre 1882 in una prima seduta , i chiusini reclamarono il possesso dell’antico monastero ribadendo i motivi di un secolo e mezzo prima: “ L’Abbazia di San Michele della Chiusa fu nell’anno 966 costruita sul terreno stato venduto dalla Chiusa come si deduce da antichi frammenti e sempre portò il nome di Abbazia della Chiusa. Le risultanze dei catasti e della mappa del Comune ad dimostrano che l’Abbazia è compresa nel suo territorio. Sulla località di confine del suo territorio con quello di Sant’Ambrogio si riconoscono e si scorgono i segni e i termini di confine.”

Anche il comune di Sant’Ambrogio, dal canto suo, disse ufficialmente , che l’Abbazia era da sempre stata sua. Innanzitutto perché i santambrogesi, da sempre, erano stati sotto la giurisdizione dei monaci, ad essi avevano sempre pagato le tasse e facenti parte della popolazione del monastero. Per confermare ciò presentarono gli atti di stato civile, comprese le nascite, i decessi e i matrimoni “ di persone abitanti sul Monte Pirchiriano” celebrati nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio. La sentenza fu trascritta il 19 settembre 1884, la questione era spinosa e venne deciso di nominare un perito perché accertasse la presenza della famosa linea di confine fra i due territori.

Ancora nel 1902, in occasione delle grandiose celebrazioni per il nono centenario di fondazione dell’Abbazia, il priore Antonio Borello scriveva in una pagina delle sue memorie che “ la Sacra di San Michele è situata sul territorio di Chiusa San Michele”, confermano così che le vicende processuali si fossero risolte in un nulla di fatto. Quelle celebrazioni centenarie furono anche una prova di forza delle due comunità antagoniste. Una discussione piuttosto vivace intercorse fra i due massimi rappresentanti religiosi delle comunità durante il pranzo in occasione del primo pellegrinaggio alla Sacra il giorno 17 agosto. Lo scontro verbale ebbe come tema: “ La Sacra della Chiusa e non di Sant’Ambrogio”.

Abbastanza profeticamente il Malladra, nel suo libro sulla Sacra di San Michele pubblicato nel 1907, scrisse che “ fra i due contendenti il terzo gode” alludendo a Giaveno, “ che studia attivamente il prolungamento della rotabile da Valgioie alla Sacra attraverso l’ameno colle della Braida e la verde conca del Basinatto, ai quali sorride perciò il roseo avvenire: ben venga questa strada, che popolerà di ville le pendici della Ciabergia e porterà le vetture e gli automobili nel regno dei falchi, sino alla rotonda dei Sepolcri”.

Nel 1957 il sindaco Aurelio Sestero provò a mettere un po’ di ordine nelle carte relative al contenzioso conservate nell’ archivio parrocchiale.

Vi trovò una copia del documento del 15 gennaio 1637 che investiva la comunità di Chiusa delle proprie responsabilità amministrative e un altro foglio risalente al 1736, una memoria del priore Miolis, che specificava come dagli atti di battesimo, matrimonio e morte dal 1693 al 1735, risultasse che tutti coloro che abitavano nel cosiddetto recinto dell’abbazia avessero fatto battezzare i loro figli nella chiesa di Chiusa e non di Sant’Ambrogio.

A più di 200 anni di distanza si può dunque dire che i confini tra le due comunità, si possono definire a seconda di come comanda il cuore. Si può guardare a levante oppure a ponente , oppure andare diritto, tagliando in due una costruzione millenaria che un po’ guarda la Valle di Susa, verso le montagne al confine con la Francia, e un po’ verso la pianura e la città di Torino, spesso velata dall’aria inquinata e a volte brillante con le sue mille luci dopo una giornata di vento.

Tratto da: Chiusa di San Michele- Storia di un paese “sotto gli occhi della Sacra” – G. Jannon

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.