La distribuzione e l’estensione della coltivazione della vite oggi sono profondamente cambiate e soprattutto è cambiato, a favore dei prati di fondovalle e della urbanizzazione, un vasto paesaggio che caratterizzava questo territorio nel Millesettecento .

Susa, da sola, capeggiava la produzione della provincia con 1.240 carri da 10 brente, corrispondenti a circa 6.110 ettolitri perché 10 brente equivalgono a 492 litri. E’ un dato che si giustifica anche con i privilegi della città nella vendita del proprio vino in Moriana, di cui aveva l’esclusiva. Sullo sfondo c’è una “ guerra del vino” durata tre secoli, con Susa ed i comuni della sua castellania a difendersi contro i comuni della Moriana, che chiedevano libertà di acquisto e contro quelli esterni alla castellania di Susa, che chiedevano libertà di vendita, perché Susa aveva il diritto di bloccare il transito del Moncenisio ai vini acquistati fuori del suo tramite.

Il privilegio ebbe, come conseguenza, una coltura intensiva della vite nella zona protetta, ed una ininterrotta contesa dell’amministrazione di Susa con le comunità vicine che, con la complicità di viticoltori segusini, tentavano di introdurre nella città delle uve “ forestiere” da vinificare nei propri tini e di far passare per “ vino di Susa” quello che “ Susa” non era. Infatti, Mattie e Susa, erano in lite, perché Susa temeva che, attraverso Mattie, entrassero nella zona coperta da privilegio anche i vini di Bussoleno e di Chianocco che non ne avevano diritto.

La forte produzione del territorio della città si aggiungeva a quella delle comunità della sua castellania, con cui condivideva il privilegio: Monpantero produceva 315 carri, Foresto 210 e Meana ancora 180, mentre Mattie, che era il più interessato alla questione, ne produceva ben 410. Questa estensione, in continuità con quella di Bussoleno, di 600 carri, e di Chianocco, con 340, andava a formare una vasta area vinicola praticamente senza interruzione di continuità, di cui oggi restano solo più piccoli brandelli isolati.

A Bussoleno, le vigne occupavano densamente il versante sinistro più soleggiato, e molto meno quello destro, più in ombra, dove vennero impiantate nel corso del tardo Milleottocento con un grande lavoro di spietra mento delle conoidi dei rii. A Giaveno, che occupava il secondo posto della provincia con 1.165 carri di vino, la vite è quasi scomparsa. Anche ad Almese e ad Avigliana che aveva le sue viti intorno ai laghi ed arrivava a 685 carri, la superficie di oggi è estremamente ridotta.

Le colture di viti sulle pendici esposte a sud della bassa Valle di Susa, nella metà del Millesettecento, sembrano essere state meno estese di quanto lo saranno poi nel corso della loro massima estensione a metà del Milleottocento: Condove produceva 360 carri, e, nel rilievo della settecentesca “ Carta in Misura” delle Valli di Susa, le vigne che si arrampicano sulle pendici di Chianocco per arrivare a Pavaglione non esistevano ancora.

Per contro esisteva una discreta produzione locale anche in comunità che avevano un territorio meno vocato, come Chiusa San Michele, Venaus e Novalesa. Quest’ultima, nella metà del Settecento aveva una produzione di ben 330 carri.

A monte di Susa la fascia della vite si confermava ancora importante a Giaglione, che produceva 460 carri di vino, a Gravere che ne produceva 320, a Chiomonte che raggiungeva i 425, e ad Exilles, ormai ai margini della coltura, con 240; persino Salbertrand, un comune ormai alpino, contribuiva con 20 carri nel 1741, ma non più rilevati nel 1753.

Nell’alta valle, nel corso del Milleottocento, il paesaggio vinicolo muterà un poco ma senza stravolgimenti: le vigne abbandoneranno i terreni più elevati sopra la Ramat e quelli di Salbertrand, ma rimarranno sino a 1.000 metri ad Exilles. Il cambiamento sarà invece molto forte nella zona di fondovalle; ma in nessun posto sarà così radicale come nella piana di Rivoli dove la produzione del territorio della sola città, raggiungeva il livello di 4.000 carri di vino, in una unica distesa di vigneti che coinvolgeva a perdita d’occhio anche i comuni vicini.

Un aspetto importante delle produzioni vinicole era costituito dai prezzi: una delle componenti era certamente la facilità della vendita, dovuta ai privilegi, oppure la vicinanza di un grande mercato come Torino; ma anche la qualità emergeva come elemento importante.

Chiomonte si confermava il “ cru” migliore della provincia di Susa e, con 55 lire piemontesi al carro, si collocava al massimo livello di prezzo tra i vini del Piemonte. Seguiva, con 50 lire, l’area del “ vino di Susa”, che comprendeva le comunità di Susa, Gravere, Meana e Mompantero; Foresto restava un po’ sotto con 40. Una terza fascia comprendeva vini il cui prezzo, di 35 lire al carro, indicava ancora una buona qualità ed era costituita dalle comunità di Exilles, Bussoleno, Giaglione, Venaus, Reano e Sangano. I vini di Mattie, Avigliana e Villarbasse si fermavano a 30. In coda, tra 25 e 20 lire al carro, si trovavano i vini del territorio delle restanti comunità, tra cui molte di quelle che oggi considereremmo più vocate per questa produzione, perché le vigne ora sono collocate sulle pendici esposte a mezzogiorno: come Chianocco, Bruzolo, San Didero, Borgone, Condove e Caprie. Forse la conclusione che se ne può trarre è che i vini dell’epoca erano differenti dai nostri, come era differente il metodo di conservazione. L’uso degli otri in pelle, indispensabili per il trasporto dei vini prodotti a mezza costa può darsi che introducesse un gusto non gradito dal mercato.

Calcolando il consumo medio di una brenta a persona all’anno, cioè un bicchiere di vino al giorno e due nei giorni di festa, secondo quanto stimano gli intendenti, la Provincia di Susa, con 15.000 carri da 10 brente, aveva una produzione tre volte superiore al suo fabbisogno globale, e questo giustificava l’attivo commercio che se ne faceva verso la Moriana, per l’area di Susa; verso Torino, per le comunità di pianura, e verso il Delfinato e Grenoble, dove i vini di Chiomonte spopolavano.

Tratto da: LA VITA E L’IMMAGINE DELLA PROVINCIA DI SUSA NEL MILLESETTECENTO – Mario Cavargna Bontosi

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.