“ Quando la montagna è fasciata di alberi si anima tutta di una vita segreta, frulla di invisibili ali, gorgoglia di sorgenti nascoste ed invitanti. E’ la sua bellezza misteriosa ed arcana. Se poi,nella cascata di verde, occhieggia lo spazio bianco di un Santuario, allora ci si ferma.

La sosta è d’obbligo per riprendere fiato. Proviamo a farlo accanto ad un pilone votivo, uno dei centinaia di piloni che in Valle di Susa, così come in tante altre vallate alpine, costellano da secoli montagne e boschi, incroci di viottoli e crocevia di strade, angoli di case e ingressi di paesi.

Lì, accanto ad ingenui e giganteschi San Cristoforo, vicino a Madonne dall’aria materna e contadina, nell’esile ombra proiettata da croci fiorite in ferro battuto, proviamo a farci alcune domande. Chiediamoci la ragione di queste tappe religiose, tipiche di un mondo agreste oggi in parte dimenticato e scomparso; chiediamoci perché la preferenza nella devozione è andata a certi santi, piuttosto che ad altri; chiediamoci infine, pur sapendo che non sarà possibile trovare una risposta certa, se questi semplici edifici possano tutti rientrare a far parte di una storia che annoda i suoi fili con un passato dalle radici antichissime.

I piloni valsusini attualmente presenti sul territorio, risalgono, tranne rare eccezioni, agli ultimi tre secoli.

Strutture in pietra, più raramente in mattoni, a volte grezzi, a volte intonacati, questi piccoli edifici contengono quasi tutti una nicchia dalla quale occhieggiano immagini di santi e Madonne, tratteggiate in rustici affreschi o rappresentate in piccole statue di gesso o di legno. La Vergine Maria detiene il primato della devozione, la sua immagine, da sola o con il Bambino Gesù fra le braccia, attorniata da santi o da angeli, è circa dieci volte più frequente rispetto alle sole immagini di singoli santi o alle immagini , ancora più rare , di Cristo. Nel mondo antico non c’è solo una Madonna, ma c’è una Madonna diversa per ogni necessità della vita, e tale intensa devozione mariana,non deve stupire, sia che la si voglia ricollegare a culti precedenti di altre “ Madri”, sia che la si voglia leggere in chiave più recente, come espressione tipica della pietà popolare di epoca post tridentina. Se è vero infatti, che già i Lares Compitales e le Matronae di epoca romana, venivano d’abitudine collocati nei luoghi d’incrocio fra strade, a protezione dei viandanti, è altrettanto vero che affidare alla protezione della Vergine le più semplici attività quotidiane divenne, con il diffondersi della religione cristiana, prassi normale, specie nel mondo contadino.

Si può ipotizzare che il culto delle Matronae…con l’affermarsi del cristianesimo, abbia ceduto il posto a una forma simile di venerazione: le antiche dee furono sostituite nel cuore e nella devozione di queste popolazioni da altre Madri e Signore che nella duplice presenza esprimevano parimenti la massima potenza della divinità. Simili furono le loro prerogative: protettrici della nascita (l’entrata nella vita) e della morte ( l’uscita), ma anche custodi dei crocicchi e geni tutelari dei viandanti. Ecco il fiorire dei loro santuari..nei punti in cui si incontrano o si dipartono i sentieri più lunghi, difficili e pericolosi percorsi adducenti alle zone pascolative o ai sommi colli, dove ancora chi inizia il cammino può innalzare una preghiera, come già l’invocazione antica pro itu e reditu e può lasciare l’offerta votiva per impetrare l’assistenza delle sfere celesti”

Non è dunque la sola sua titolazione, ma la sua destinazione, la sua collocazione, addirittura la sua committenza, a rendere ogni pilone diverso da tutti gli altri.

Poiché non abitiamo il cuore di quegli uomini che, l’altro ieri o il secolo scorso, hanno innalzato quattro mura di pietra, per collocare una Madonna al riparo, non possiamo pretendere di conoscere i loro desideri profondi, le motivazioni più segrete e le ragioni più intime del loro agire. Certamente saremo passati accanto a piloni che celano storie di guarigioni mai raccontate, di figli tornati indenni dalla guerra, di promesse fatte in punto di morte, di voti da sciogliere attraverso un affresco dipinto su un muro. Ma i piloni, discreti e mai chiassosi, di quelle storie hanno mantenuto il segreto e dunque dovremo accontentarci di raccontare ciò che, meno sottile del resto, è riuscito a trasparire tra le righe dei documenti e le pieghe del tempo.

Fonte: Percorsi del Sacro – Barbara Debernardi

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.