In alcuni paesi di alta montagna, dove l’inverno è rigido, fatto di nevicate abbondanti e di gelo insistente, tanto la vita quanto la morte erano faccenda dura e difficile da affrontare. Accadeva così che, quando per lunghi mesi la neve ricopriva tutto, cimitero compreso, o il ghiaccio induriva la terra, tanto da renderla impenetrabile, anche i morti dovevano farsi da parte e ritirarsi, come succedeva ai vivi, in attesa del disgelo. A Bessans, nella vicina vallata dell’Arc, i defunti, quando non si riusciva a sgelare il terreno nel quale seppellirli, nemmeno accendendo un fuoco, venivano messi ad aspettare tempi migliori sul tetto delle case. La stessa cosa accadeva per chi, vivendo ( e morendo) in baite isolate, non riusciva ad essere trasportato fino al cimitero parrocchiale, per la troppa neve o il rischio di valanghe.
Ma anche quando la stagione non era così inclemente, la sepoltura poteva rappresentare un problema: alpeggi lontani, case isolate, borgate sparse nel raggio di molti chilometri dalla parrocchia e dall’annesso cimitero, di là come di qua delle Alpi impedivano spesso al sacerdote di recarsi direttamente alla casa del defunto e rendevano necessario fissare una specie di appuntamento a metà strada, là dove far convergere parroco e corteo funebre. La strada prescelta, non a caso ( e senza inquietudini), veniva indicata come “ strada dei morti” o “ la vi dou morss”, o ancora “ le chemin des morts”. E su questa strada abitualmente sorgeva un corrispettivo “ pilone dei morti”, punto di incontro con il sacerdote, zona di riposo per chi portava la bara, luogo deputato alla prima benedizione della salma, che poi avrebbe, finalmente, raggiunto il cimitero. E’ quanto accadeva, per esempio, presso il pilone “dij mòrt del Siò e Quindo” presso la borgata Lajetto, nel comune di Condove, o, sempre nel comune di Condove, presso il pilone dei morti di Pratobotrile, o, ancora, presso il “ Pilon dij mòrt ed Ciampambiard”, nella borgata Case Inferiori, nel comune di Caprie. Qui, all’incrocio delle strade che provenivano da Campambiardo, Camparnaldo e Celle, accanto al pilone, si trovava una larga pietra, sulla quale i parenti del defunto posavano la bara, in attesa dell’estrema benedizione, anticipando in quel luogo il saluto, il commiato, l’addio alla terra, che nella chiesa parrocchiale e nell’annesso camposanto sarebbero diventati definitivi.
Tratto da: “Percorsi del Sacro – Arte e devozione popolare in Valle di Susa” di Barbara De Bernardi