In tanti mi chiedono un ricordo del Padre abate Guido Bianchi, scomparso il 15 marzo scorso a Susa. Dei miei primissimi giorni alla Abbazia di Novalesa ricordo perfettamente l’incontro con il Padre abate Guido Bianchi e un video dell’allora Provincia di Torino che lui stesso mi consigliò di visionare per darmi una idea del posto in cui ero capitato.
Il Padre Guido, classe 1929, rifondò l’Abbazia di Novalesa nel 1973, dopo oltre un secolo di abbandono monastico, insieme ad altri tre confratelli provenienti dalla abbazia di San Giorgio Maggiore di Venezia. Divenne poco dopo il primo Priore e in tale incarico vi rimase fino al 1988 quando fu nominato abate di Noci in Puglia. Rientrò in Val Cenischia una quindicina di anni fa quando ormai era in pensione.
Al di là dei convenevoli iniziali, lo incontrai veramente per la prima volta durante una passeggiata nelle vicinanze. Stavo rientrando in abbazia quando fui affiancato dalla sua automobile, aprì il finestrino e mi propose di salire a bordo così avrei risparmiato gli ultimi cinquecento metri di strada. Non potei rifiutare l’offerta perché mi resi conto che in realtà voleva parlarmi. E fu così. Mi disse che mi avrebbe raccontato tante cose prima che altri me le riferissero a loro modo. Evidentemente distorte. Mi confidò di tutto e di più, dalla storia del luogo alle esperienze personali, dagli aneddoti ai pettegolezzi, alle storie di paese. In maniera più formale ed edulcorata il tutto è contenuto nella intervista inserita nel video della Provincia di Torino che poi ebbi modo di guardare con calma.
Fu quello un periodo difficile, eroico, carico sicuramente di tante aspettative e speranze, ma anche di altrettante preoccupazioni e contrattempi vari. L’abbazia era fatiscente, tutto era da ricostruire e rilanciare. Lavoro e preghiera, preghiera e lavoro, alla benedettina, e l’Abbazia piano piano riprese vita e lo smalto del glorioso passato. La ricostruzione, mi confidò, prese avvio con la cappella, poi proseguì con la fondazione della biblioteca ed infine si pensò al comfort delle celle. Era molto riconoscente nei confronti della popolazione di Novalesa che in quei primi anni si adoperò moltissimo e concretamente per aiutare la piccola comunità monastica. Cosa vi spinse a fare tutto questo, gli chiesi, quale era l’obiettivo, la missione? Volevamo fare una cosa bella, mi rispose convinto senza aggiungere altro e con il suo immancabile sorriso bonario.
Ora, di quel piccolo gruppo di monaci, resta in vita solo Padre Pio Tamburrino, vescovo emerito di Foggia ed oggi là residente.
Colgo il giusto spirito per fare una bella cosa. Spero nel mio piccolo e dalla val Padana di poter contribuire: la bellezza salverà il mondo.
Ciao Stefano, ben ritrovato e grazie per seguirci di persona e ora anche nel web!
Bel post, l’ho condiviso con i miei amici.
Grazie!