In ogni epoca, dal medioevo fino ai giorni nostri le donne sono state una componente fondamentale di quel vasto fenomeno di movimento che è il pellegrinaggio. Certamente molto meno degli uomini, ma indubbiamente il pellegrinaggio era quasi l’unico modo concesso loro di viaggiare. Secondo alcune stime, quasi sicuramente troppo ottimistiche, la percentuale di pellegrine era del 50%, ma più probabilmente si aggirava intorno al 35% sull’intero numero di viandanti.

Meritano una piccola parentesi anche i bambini che si avventuravano in questo tipo di viaggi dei quali ci sono testimonianze sicure; per esempio poteva accadere che in prima persona ne prendessero l’iniziativa, spesso sollecitando i parenti a partire, ma addirittura talvolta partendo essi stessi, senza l’accompagnamento dei grandi. Si sa che un gruppo di bambini dagli otto ai dodici anni, soprattutto tedeschi, intraprese nel 1455 un pellegrinaggio a Mont Saint Michel; procedevano tenendosi per mano a due a due e le fonti riportano esplicitamente che spesso si erano incamminati contro la volontà dei loro genitori e totalmente privi di mezzi. Ma naturalmente il caso più frequente è quello di bambini che accompagnavano i loro cari. Tuttavia, specie quando si trattava di chiedere una grazia speciale, come in caso di malattia, molto spesso erano le madri a farsi accompagnatrici dei loro figli e ne abbiamo delle testimonianze, per esempio nel processo di canonizzazione di Santa Elisabetta di Ungheria, là dove si accenna più volte al fatto che la Santa ha operato miracoli su ragazzi spesso per intercessione della madre dei medesimi. Del resto i grandi ospedali, come quello di Gerusalemme, prevedevano espressamente la presenza di donne e bambini; il regolamento del detto ricovero risale al 1182 e prescrive una cura speciale per questi pellegrini ritenuti, e non a torto, i più deboli e bisognosi di cure; in particolare per i neonati è fissato che possano dormire a parte e in modo che ai lattanti non vengano trasmesse le malattie delle loro madri.

Ma per tornare alle donne, è indubbio che esse pellegrinavano verso mete lontane e vicine; forse, soprattutto per i secoli passati, non nella misura degli uomini e forse con uno spirito talvolta diverso, da sole o in compagnia e non sempre e non solamente dei loro cari: figli o mariti che fossero, ma è certo che esiste un pellegrinaggio femminile e che esso ha dato origine a storie di carattere letterario, a manifestazioni artistiche di notevole pregio, a racconti e diari di indubbio fascino, ad un modo insomma di intendere la fede che ha arricchito il nostro patrimonio culturale.

Tuttavia se il pellegrinaggio femminile non destava né scandalo né stupore, non tutti concordavano sulla sua utilità; del resto anche sul pellegrinaggio in generale e sulla sua indispensabilità i pareri erano assai diversi. Per la religione cristiana, infatti, a differenza di quanto avviene nell’ambito di altri culti, la visita ai luoghi santi, non è un precetto di fede.

Non un obbligo dunque, ma solo un pio desiderio, una ricerca della Gerusalemme celeste nella Gerusalemme terrestre, desiderio al quale sarebbe bene che le donne timorate resistessero. Gregorio di Nicea (335-395) a questo proposito afferma: “ una donna non può intraprendere un viaggio così lungo senza avere accanto qualcuno che la protegga; la debolezza insita nel suo sesso impone che qualcuno l’aiuti a salire e scendere dalla sua cavalcatura; è necessario che qualcuno la sostenga nei passaggi difficili; ma chiunque sia, amico o mercenario, colui che le renderà questi servizi, la donna non potrà evitare il pubblico biasimo perché si supporrà sempre che concedendosi allo straniero o al servitore ella possa aver violato le leggi della castità. Si crede che lo spirito santo abbondi così tanto negli abitanti di Gerusalemme? Tutto quello che ho imparato nel mio viaggio è che le nostre contrade sono ben più sante dei paesi visitati! Voi dunque che credete nel Signore onoratelo nei luoghi ove abitate!”

Con l’andare del tempo i giudizi sul pellegrinaggio femminile non si faranno certo più teneri; sostituire il pellegrinaggio con una Via Crucis, questo devono fare le donne timorate!

Ancora nell’età moderna, si esprimono, da parte dei pensatori cattolici, notevoli riserve sul pellegrinaggio femminile, che, ben inteso, deve sempre e comunque essere sottoposto all’autorizzazione del marito.

A partire dall’epoca della controriforma la presenza femminile, soprattutto nel pellegrinaggio romeo, si fa più intensa. Il loro numero era veramente alto, specie in occasione di anni santi; la loro presenza era separata da quella maschile, e spesso negli ospedali per i pellegrini, non solo le rispettive stanze erano divise, ma anche gli ingressi erano in luoghi diversi.

Donne pellegrine, personaggi umani vari e interessanti che riflettono un mondo estremamente diversificato dal punto di vista sociale, psicologico, morale.

Ogni persona è speciale a modo suo e specialissime sono queste figure che in nome della loro fede, ed anche talvolta della loro voglia di sapere e conoscere, hanno affrontato difficoltà e sacrifici, lasciando che i luoghi da visitare segnassero la loro vita e quella dei loro cari.

Le donne pellegrine mostrano in genere,anche solo per mettersi in cammino, molto coraggio fisico,molti sono i pericoli che dovevano affrontare,tra questi anche il cambiamento della loro personalità. Quando un pellegrino parte per il suo viaggio , lascia i suoi abiti, fa testamento, si congeda da tutti quelli che gli sono cari e così via; ma nonostante questo, nessun uomo per seguire la propria fede è mai stato costretto ad abdicare alla propria personalità o alla propria apparenza fisica. Le donne che pellegrinano spesso devono rinunciare anche a questo, in epoche in cui le si considerava deboli, fragili, incostanti, dimostrano invece una forza d’animo assoluta. Negano cioè la propria femminilità, la loro più intima essenza. Ecco allora che rinunciano ai figli, spesso con stoicismo che ai nostri occhi rasenta la durezza; rinunciano alla loro sessualità talvolta con quei matrimoni definiti casti che sembrano la negazione stessa dell’unione di un uomo e di una donna, oppure si legano per sempre ad una condizione di clausura e di allontanamento dal consorzio civile; negano la loro avvenenza fisica fino a desiderare deturparla; ed infine l’ultima negazione, quella più forte e significativa, si travestono da uomini e da uomini si comportano. Più il loro comportamento nega la loro essenza, più viene lodato dai loro biografi e agiografi. Questa è dunque la denominazione comune che lega le donne pellegrine; lontane per epoca, personalità diverse, diverse per estrazione sociale, ma accomunate da questa rinuncia tanto più pesante in quanto sentita come necessaria, anzi irrinunciabile; considerate fragili quando invece si dimostrano forti, incostanti quando invece la loro capacità di cambiare è soprattutto capacità di adattamento e mancanza di rigidità, insomma in nome del loro supremo ideale religioso, capaci di rinunciare a tutto, soprattutto a se stesse.

Estratto da: Francesca Allegri – Academia. Edu

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.

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