Nella seconda metà dell’800, il Lajetto , piccola borgata sopra Condove in Val di Susa, era un crocevia molto importante per il Vallone del Sessi e riferimento per tutte le borgate circostanti / Pratobotrile, Camporossetto, Muni, Quindo, Sigliando, Vagere). Lajetto è stato uno degli ultimi paesi della montagna condovese ad essere raggiunto dalla strada carrozzabile solo nel 1958. Questo non è servito a fermare la gente in montagna ma ha permesso il mantenimento di alcune tradizioni meglio che in altri posti, come per il Carnevale.

Il Carnevale del Lajetto, si svolge tradizionalmente la domenica successiva al martedì grasso, ed è un carnevale antico.

Antico perché arcaici sono gli elementi e i personaggi che lo caratterizzano: l’uomo selvatico, l’uomo animale, Il Pajass così chiamato perché sotto le pelli di capra che lo rivestono completamente, è imbottito di paglia, il cappello degli Arlecchini , il tipico cappello delle Fate, un alto cono adornato con fiori e lunghi nastri colorati, le maschere dei Vecchi e delle Vecchie, personaggi brutti, animaleschi, al di fuori degli schemi e delle regole. Il Pajass indossa corna di mucca e porta appeso ad una gamba un campanaccio che risuona ad ogni passo, a risvegliare la primavera dopo un lungo inverno. Questo personaggio, comune ai carnevali pagani di tutto il mondo, a Lajetto porta, appeso ad un bastone, un gallo al quale taglierà la testa a fine giornata. Una volta il gallo era vero e il giorno dopo veniva cucinato e mangiato dai membri della Banda Musicale del paese che portavano avanti la tradizione del carnevale. Tradizione che si interruppe verso la metà degli anni cinquanta, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale che vide le montagne spopolarsi.

Grazie ad un gruppo di appassionati locali e non, che hanno dato vita all’Associazione “ Le Barbuire” ,(che in francoprovenzale significa “maschera”), questo antico carnevale è stato ricostruito, raccogliendo testimonianze dagli anziani del luogo.

Le Barbuire durante il percorso tra le strette vie di Lajetto sono accompagnate da una musica tradizionale chiamata proprio “ La Marcia delle Barbuire”. Il Pajass con le sue urla animalesche spaventa tutti quanti, i Vecchi e le Vecchie fanno dispetti di

ogni tipo, a volte stramazzano a terra per farsi soccorrere dal “ Dotor”, che li rianima con una buona dose di vino o di grappa, gli Arlecchini indicano lungo la via il percorso da seguire per poter osservare le varie scene del carnevale, il “Soldato” appende il gallo al ramo di un albero e presta la sua sciabola al “ Pajass” per tagliargli la testa, il “ Monsù e la Tota”, maschere “belle”, rappresentano invece personaggi che seguono le regole e gli schemi della società, in contrapposizione ai Vecchi e alle Vecchie, le maschere “ brutte”.

Momento fondamentale della rappresentazione è il ritrovo del corteo in un grande prato ad osservare il taglio della testa del gallo da parte del “ Pajass”. Un atto ricco di significato, che auspica la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera ed augura una proficua stagione di raccolti.

Come da tradizione non è possibile sapere chi c’è sotto il travestimento perché le Barbuire sono segrete! Sappiamo però che in passato soltanto gli uomini di Lajetto si travestivano e ne combinavano di tutti i colori!!

Fonte: Chambra d’Oc

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.

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