Passeggiando per la Val Cenischia di poco più di mezzo secolo fa, il paesaggio appariva lo stesso di quello odierno. L’attuale paesino di Novalesa che oggi conta circa 500 abitanti, un tempo era un paese più popoloso, di circa 1.300 persone, ricco di giovani voci che rallegravano le strade e i campi.
La Piazza San Benedetto dava ad ogni viandante il benvenuto e subito dopo si poteva osservare uno dei quattro ristoranti del paese. Si trattava del Ristorante delle Alpi, che tutti conoscevano come “Ferraro”. Poco più avanti, attraversando un piccolo ponte di legno eretto su un affluente del Cenischia, si trovava il ristorante “Da Felice” che offriva, oltre ad un buon pasto, un campo da bocce e un piccolo laghetto dove trascorrere un pomeriggio in compagnia di amici e un’occasione per sfidarsi con i ragazzi venuti in paese in villeggiatura. Molto rinomato in tutta la valle era anche il ristorante della “Posta” o più semplicemente “Da Mariuccia”. Qui si veniva sia per assaporare i piatti tipici del luogo ma anche per comprare sale, tabacchi o l’ultimo numero del quotidiano preferito. Ultimo, ma non per importanza, era il ristorante “Da Dante”, luogo di incontro di tutti i giovani.
Ma entriamo nel cuore del paese, la Via Maestra, la Vlò secondo il patois del luogo. In quasi ogni casa che si incontrava si trovava una piccola osteria, e ognuna di queste prevedeva al piano terra una stalla, riparo per gli animali ma anche luogo di ritrovo per le famiglie una volta calato il sole. Era tempo per le donne di dedicarsi al cucito e per gli uomini di svagarsi con il gioco delle carte.
Tutti conoscevano il negozio di Giordano situato proprio all’imbocco del paese e gli anziani si radunavano sulla panchina di fronte all’entrata per chiacchierare tra loro, rigorosamente nella parlata locale. Erano loro i depositari di quella lingua franco-provenzale, ormai andata quasi perduta.
Proprio nel cuore del paese si sentivano voci di bambini che aspettavano l’inizio delle lezioni. Lì era situata originariamente la scuola Elementare e il palazzo Comunale. Ogni mattina, aspettando l’arrivo della maestra, tutti i bambini si divertivano a far rumore su e giù per le scalinate con gli zoccoli di legno, facendo così arrabbiare la maestra Zenaide.
Poco prima della sede comunale e delle scuole si erge la Chiesa Parrocchiale luogo sacro più importante in cui ogni domenica e in occasione delle festività, tutta la popolazione Novalicense si riuniva e si riunisce in preghiera. La Chiesa, come oggi è possibile visitarla, è custode di una lunga storia. Era in origine una piccola cappella dedicata a Santo Stefano e solo a metà del XV secolo fu trasformata in una piccola chiesetta e successivamente fu oggetto di ampliamenti fino ad assumere le attuali caratteristiche.
Grazie alla sua posizione strategica, Novalesa è stata per secoli una tappa obbligatoria per poter attraversare il valico del Moncenisio. Per questo nel paese si potevano trovare, oltre all a foresteria dell’Abbazia, molti alberghi e stallaggi, tra cui “L’Imperiale”, albergo in cui pernottarono personaggi illustri tra i quali Napoleone. Questo albergo ospitava al piano interrato una grande rimessa dove venivano lasciati cavalli e muli, e ancora oggi in molti casi sono visibili i resti di antiche stalle nelle cantine di alcune abitazioni che hanno sostituito la precedente struttura.
Dalla principale Via Maestra si diramano molti altri vicoletti tra cui è interessante ricordare il Vicolo Forno, dove tutta la popolazione si riuniva per portare le farine che venivano trasformate in pane; e Via Ghetto, denominata così proprio perché lì si trovavano le abitazioni destinate agli Ebrei che vivevano scambiando denaro in cambio di merce di valore con i viandanti che, a causa di condizioni climatiche avverse, dovevano pernottare a Novalesa fino all’arrivo di bel tempo per poter attraversare il valico.
Questo era lo scenario che accoglieva coloro che visitavano il paese. Tutto ha subito modifiche, ma la semplicità, l’importanza delle tradizioni e l’affetto nei confronti di questo luogo così pieno di storia è rimasto invariato e lo si può ancora trovare nel cuore degli abitanti di questo splendido paese.
«Se avessi dovuto scegliere il luogo della mia nascita, avrei scelto una società di grandezza limitata in ragione della estensione delle facoltà umane, cioè della possibilità di essere ben governata […] uno Stato dove conoscendosi fra loro tutti i privati, né le manovre subdole del vizio, né la modestia della virtù potessero sottrarsi agli sguardi e al giudizio del pubblico, e dove questa dolce abitudine di vedersi e di conoscersi facesse dell’amore di patria l’amore dei cittadini piuttosto che della terra.»– Jean-Jacques Rousseau