Il 17 settembre 1871, 150 anni fa, una Bardonecchia in festa, si apprestava a festeggiare il primo collegamento ferroviario tra il Piemonte e la Francia attraverso il Frejus. L’inaugurazione della galleria, lunga più 12 chilometri, aveva richiamato nella cittadina le autorità più in vista dei due paesi confinanti e tanta gente attratta dall’inaugurazione di un’opera, per quei tempi, ciclopica ed avveniristica.
Fu una grande festa, nonostante l’assenza del Re d’Italia, Vittorio Emanuele II e del Presidente della ancor giovane repubblica francese A. Thiers.
Era un momento difficile quello, per le diplomazie dei due paesi: infatti, da meno di un anno Roma era stata presa dalle truppe italiane e quindi annessa al Regno d’Italia, in aperto contrasto con la Francia che non aveva gradito l’occupazione dello Stato Pontificio.
Già nella prima metà dell’800, il Piemonte aveva avvertito l’esigenza di un collegamento più veloce con la Francia, alternativa al lungo e faticoso viaggio in diligenza lungo la storica strada realizzata tra il 1803 e il 1807 dagli ingegneri di Napoleone. Il governo piemontese del tempo, nell’ottica di migliorare gli interscambi con la Francia, aveva mostrato di privilegiare l’itinerario Bardonecchia – Modane, rispetto al valico del Moncenisio, ed aveva dato così l’avvio, sin dal 1857, ai lavori per la realizzazione del Traforo del Frejus. Lavori che tuttavia procedettero così lentamente da persuadere le autorità a realizzare una linea ferroviaria provvisoria che, partendo da Susa e “ scalando” il Moncenisio, giungesse in Maurienne dopo circa 80 chilometri di corsa; una prestigiosa realizzazione di ingegneria d’alta montagna, che vede per protagonista principale l’ingegnere Inglese J.B. Fell, inventore del sistema di incremento artificiale dell’aderenza delle ruote motrici che prese il suo nome.
Tutto iniziò con il Regio Decreto n° 2646 del 1865, in forza del quale era stata approvata una convenzione per l’esercizio di una ferrovia sulla direttrice Susa/Francia. Il dispositivo era molto particolareggiato e tra l’altro stabiliva che la convenzione sarebbe stata revocata non appena la costruenda galleria del Frejus e la relativa strada ferrata fossero entrate in esercizio. I lavori durarono dal I° maggio 1866 al 15 giugno 1868, quando, con una solenne cerimonia partì il primo convoglio della linea.
Da quel momento almeno 4 treni al giorno affrontarono il valico.
La realizzazione era stata completata in poco più di due anni, ma già nei primi sedici mesi di lavoro erano stati postati 77,8 chilometri di binario unico, 46 dei quali con terza rotaia,” scavate sette gallerie in roccia, costruite tre gallerie in muratura ed oltre 8 chilometri di ripari con gallerie in legno e lamiera,tutte le stazioni e i punti di riferimento intermedi ed alcuni viadotti”.
Per la maggio parte del percorso la linea utilizzava una porzione della massicciata stradale, discostandosene solamente in alcuni tratti percorsi su sede propria. L’armamento era costituito da un binario a scartamento ridotto, al quale nei tratti ripidi e nelle curve era aggiunta una terza rotaia, sopraelevata di circa 20 centimetri, costituita da un profilo simmetrico a doppio fungo ( il fungo, in termini tecnici, è la parte superiore della rotaia, quella su cui fanno presa le ruote), con superfici di rotolamento verticali.
Le locomotive erano dotate di due assi motore e portanti di tipo convenzionale con ruote verticali, e di due coppie di ruote motrici orizzontali contrapposte, che potevano essere premute, a volontà dei macchinisti, contro la rotaia centrale attraverso l’azione di robuste molle. Questo sistema di incremento artificiale dell’aderenza ruota-rotaia, consentiva il superamento di forti pendenze e l’inserimento del convoglio in curve molto strette senza pericolo di deragliamento. Nella ferrovia del Moncenisio la pendenza massima era del 8,3%, il raggio minimo delle curve di 39 metri, la quota massima raggiunta 2.084 metri s.l.m., caratteristiche che a quel tempo avevano costituito altrettanti primati per l’Europa.
Il tragitto da Susa a St. Michel de Maurienne richiedeva cinque ore e mezza, comprese le fermate intermedie, contro le dodici impiegate dalle diligenze.
Ai passeggeri non era consentito volutamente la vista dei precipizi che la ferrovia costeggiava, ed infatti le carrozze erano dotate di finestrini non apribili, posti in alto rispetto ai sedili.
Faticoso il lavoro del macchinista che oltre le ordinarie manovre, doveva curare anche l’inserimento ed il disinserimento delle ruote motrici orizzontali, e non meno gravoso quello del fuochista impegnato, senza soste, ad alimentare una caldaia di grande potenza ma di piccole dimensioni.
L’avventura di questa ferrovia durò poco più di tre anni, cessò infatti l’attività subito dopo l’inaugurazione del Frejus.
L’ultima corsa porta la data del 1/11/1871 , e da quel momento, a poco a poco, l’intero impianto rotabile fu smontato ed il materiale utilizzato in altre ferrovie, specie svizzere nel nodo fra Losanna e Escalleur.
Una macchina a vapore, la “ IH 199 Moncenisio” è conservata in Nuova Zelanda nel museo “ Fell Engine”.
Ben poco è rimasto in Italia di quella ciclopica realizzazione. Qualche galleria diroccata ed il ricordo.
Fonte: La ferrovia del Moncenisio- E. Pieri
