Ai margini dell’abitato di Borgone di Susa, nel punto dove le abitazioni della borgata di San Valeriano lasciano spazio a prati e pascoli, sorgono due chiese d’epoca romanica dedicate alla memoria del martire di cui la frazione porta il nome, Valeriano.

Decapitato “in odium fidei” al principio del IV secolo per mano di un drappello di soldati romani, San Valeriano è ascritto per lunga tradizione alla celebre Legione Tebea, unità militare che, basandoci sulla testimonianza indiretta del vescovo Eucherio di Lione (IV/V secolo d.C.), autore della “ Passio Acaunensium martyrum”, venne sterminata per volere di Massimiano tra il 286 e il 302 d.C. per il rifiuto del comandante, San Maurizio (“primicerium” nella Passio di Eucherio), e di tutti i suoi componenti, d’origine etnica egiziana (regione di Tebe, attuale Luxor, da cui Legione Tebea), di eseguire disposizioni in contrasto con la fede cristiana di appartenenza ( forse l’ordine di combattere contro i Bagaudi, popolazione celtica stanziata nell’area alpina tra la Gallia, il Norico e l’Elvezia, anch’essa cristiana, o la ferma volontà di non rinnegare Cristo con la celebrazione di riti e sacrifici in onore di divinità pagane).
Secondo una tradizione successiva alla Passio attribuita ad Eucherio, che a sua volta aveva attinto informazioni dirette dal vescovo di Ginevra e dal vescovo di Sion, coloro che scamparono all’eccidio, perpretato nell’ultimo quarto del III secolo d.C. principalmente presso la località di Agaunum, l’odierna Saint-Maurice-D’Agaune, nel Vallese svizzero, si dispersero nelle vallate dell’arco alpino, stabilendovi e evangelizzandone gli abitanti. Più tardi, sul luogo della strage, sarebbe sorto un santuario e, sulle fondamenta di questo, un’importante abbazia fondata nella prima metà del VI secolo dal burgundo Sigismondo (futuro re) e dedicata al comandante della legione , San Maurizio.

La letteratura agiografica, unitamente a tradizioni orali e leggende locali, ci rivela che molti di questi legionari, sfuggiti allo sterminio, andarono incontro al martirio nei luoghi in cui avevano trovato in un primo momento accoglienza, vuoi per la reazione violenta delle popolazioni del posto, in parte non disposte ad accogliere la nuova fede, vuoi per mano dei soldati romani incaricati di portare a termine il disegno persecutorio avviato ad Agaunum.

Il prestigio acquisito dalla Legione Tebea nell’Occidente Cristiano, fece sì che nel corso dei secoli si producesse una vera e propria “ fioritura” di Martiri Tebei, quantificabili in un totale di circa 400, di cui 325 in Germania e ben 58 venerati in Piemonte. Molti di questi però, sono definiti dagli studiosi “pseudo-tebei”, perché vennero “reclutati” nella Beata Legio( uno degli appellativi con cui è celebrata la Legione Tebea) in epoche successive, anche recenti, allo scopo di conferire maggiore risonanza alle loro azioni o alla loro figura, senza che fosse dimostrabile un legame effettivo con il contingente militare comandatoda San Maurizio.
D’altronde, come osserva Massimo Centini in“ Martiri Tebei.” Storia e antropologia di un mito alpino”, gli unici quattro legionari tebei indicati per nome nella Passio Acaunensium Martyrum di Eucherio di Lione, testo cardine per lo studio dell’argomento, sono San Maurizio, Sant’Esuperio, San Candido e San Vittore.
Per il Piemonte fu decisiva l’opera di un medico e sacerdote gesuita legato a Carlo Emanuele I°, il duca sabaudo che si fece promotore del culto dei martiri tebei, di nome Guglielmo Baldessano, canonico della Cattedrale di Torino. Il sacerdote, come annota il ricercatore Paolo Cozzo, scrisse una “ Historia Ecclesiastica” del Piemonte (1589), in cui pose in risalto il contributo dei Martiri Tebei all’evangelizzazione del territorio, equiparandone l’azione alle imprese di Carlo Emanuele I°, presentato quale emulo di San Maurizio e difensore della Cattolicità contro le infiltrazioni ereticali. Tra questi santi di dubbia identificazione come Tebei o pseudo-tebei, vi è il nostro Valeriano, raffigurato negli affreschi con il classico abbigliamento da militare romano, il quale, secondo alcune fonti si sarebbe convertito alla fede cristiana seguendo l’esempio della sorella Cecilia.
Il culto di San Valeriano è radicato in modo speciale a Borgone di Susa, perché qui si trova la grotta che sarebbe stata utilizzata dal martire per un certo periodo, come rifugio per sfuggire ai suoi persecutori.
Nell’area in cui si trova l’anfratto roccioso, furono edificate nei secoli successivi, due chiese: una conosciuta come Cappella Nuova e l’altra come Cappella Campestre, d’impianto molto più antico della precedente.

La Cappella campestre di San Valeriano, affascina il visitatore per la semplicità delle forme, riflesso di una profonda e genuina fede popolare e per la quiete agreste che la circonda. La chiesa restaurata di recente,mostra nel catino absidale, tracce di un affresco raffigurante il Cristo pantocratore in mandorla affiancato da personaggi ormai non più leggibili.
Luogo ricco di fascino che conserva ancora l’eco di avvenimenti che vi si svolsero, memoria di un martire che, nei primi secoli dell’era cristiana, non esitò a sacrificare la propria vita per testimoniare la fede.

Testo: P. Barosso –
Rif. Bibliografici:
M.Centini – Martiri Tebei e antropologia di un mito alpino
M. Centini – Il Piemonte delle origini
A. Ponso – Duemila anni di santità in Piemonte e Valle d’Aosta
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