Terza parte
Importanti e decisivi per la storia della Abbazia di Novalesa e per il Piemonte sono stati i rapporti tra la comunità monastica novaliciense e la Chiesa di Sant’Andrea di Torino, oggi Santuario della Consolata. Ripercorriamo questa storia prendendo spunto da un lungo e dettagliato contributo pubblicato su Beato Giuseppe Allamano e che per comodità suddividiamo in quattro puntate.
3. I beni patrimoniali
A S. Andrea, in quanto cella monastica, furono assegnati vari beni per il sostentamento dei monaci e del priorato. Questo a cominciare da un’importante donazione del marchese d’Ivrea Adalberto. La donazione, datata 28 febbraio 929, ossia pochi anni dopo la fuga dei monaci a Torino, comprendeva «castrum et villam Gunçenarum cum curte sancti Dalmacii iuris mei, que habere visum sum super Sangone et citra et ultra». Si trattava appunto di un luogo denominato Gonzole con annessa la corte di S. Dalmazzo, situata lungo le sponde del torrente Sangone, nel territorio di Orbassano. Il possesso di questo importante nucleo patrimoniale fu rinnovato al priore di S. Andrea Francesco Silo dal conte Amedeo V di Savoia con un accordo del 7 marzo 1315, in cui il conte s’impegnava a proteggere il luogo, le persone e i confini di Gonzole, compresi il dominio, la giurisdizione e la decima del luogo, eccetto quella spettante al vescovo di Torino. Per tale accordo il priore versava al conte quattro lire e cinque soldi viennesi. Gli concedeva inoltre «omnia banna, tam magna quam parva», esclusi i banni «familiarum ceu mansuencorum dicti prioris». Infine, la nomina del camparo spettava al priore e a nessun altro26.
Oltre a questo importante nucleo patrimoniale, il priorato di S. Andrea aveva terre e beni sparsi un po’ ovunque nei dintorni di Torino, nel Rivolese e nel Canavese, come appare dalle coerenze con beni appartenenti ad altre istituzioni religiose. Aveva terre coerenti il monastero di S. Solutore, quello femminile di S. Chiara e quello degli Umiliati nel territorio di Torino; terra e diritto di decima in Valdocco27; vigne e boschi sulla collina di Torino «ultra Padum»28; prati, terre e boschi nel territorio di Collegno, coerenti la Dora Riparia, e presso il vicino luogo di Corsano29; e poi ancora in Govone, Marconada, Iuliasco, Doirone, Gonzole, Raconiate e None nel Rivolese e nei dintorni di Rivalta Torinese30; mansi con «totum honorem et terram» nel Canavese a Lirano, Ciriè, Corio, Noli, Grosso e Caselle31; infine ad Andezeno, nel Chierese, terre concesse in nobile e gentile feudo32. Doveva in questi casi trattarsi di piccoli appezzamenti di terra, certo produttive, che tuttavia in una società, che si orientava verso un’economia di mercato, creava problemi di liquidità.
La documentazione a nostra disposizione non è ricca di donazioni in denaro. Il monastero riceveva ogni anno due soldi a partire dal 1208 per disposizione del fondatore dell’ospedale di Porta Pusterla33. Nel 1369, Amedeo VI di Savoia prescriveva al castellano di Moncalieri di versare 200 fiorini, sul tasso di San Michele, al priore Clemente Falletti, concessi un tempo al priore Enrico di Piossasco34. Così pure, nel 1413, Amedeo VIII si riconosceva debitore, verso il priore di S. Andrea e il rettore della cappella di S. Maria della Consolazione, di 450 fiorini vecchi per l’adempimento di un legato testamentario dell’avo paterno Amedeo VI; la somma annuale richiesta per tale legato era di 45 fiorini vecchi fino all’estinzione definitiva del debito, avvenuta nel 141835.
Altro denaro il priorato riscuoteva certamente dalla vendita di terreni, come per esempio la vendita dei mansi che il priorato possedeva nel Canavese, fatta però indebitamente dal priore Oberto e testimoniata solo nel 1209; o la terra e il fossato che gli Umiliati, nel 1279, comperarono da S. Andrea presso il borgo Colleasca; così pure gli affitti riscossi dai beni immobili che il priorato possedeva, come per esempio il fitto di un prato «prope clausura civitatis», coerente la via pubblica, riscosso dal priore Clemente Falletti nel 136936. Il priorato doveva comunque avere un buon reddito, se nel 1390 Simonino Falletti, probabilmente della ricca famiglia dei Falletti di Alba, era disposto a versare mille fiorini d’oro al conte Amedeo VII, se si fosse premurato di ottenere al fratello Pietro Falletti l’assegnazione del priorato37.
Con l’arrivo dei Savoia a Torino nel 1280, come signori della città, i donatori cominciarono a rivolgere la loro devozione e le loro preferenze alla cappella della Consolazione. La prima donazione fatta da un Savoia è del 2 aprile 1315. In tale data Amedeo V donò tre marche d’argento, affinché l’altare di S. Maria della Consolazione fosse provvisto di un calice38. Anche in seguito i principi di casa Savoia e di Savoia-Acaia, quasi senza eccezione, continuarono a devolvere alla cappella della Consolazione le loro donazioni, tra cui due grandi lampade accese giorno e notte davanti all’immagine della Vergine. Questa pia consuetudine e le donazioni continuarono anche in seguito tutte le volte che essi, le mogli, i parenti dei principi e la nobiltà a essi legata venivano in pellegrinaggio a visitare la cappella, come ha messo bene in evidenza Giuliano Gasca Queirazza in un suo articolo sulla Consolà o Consolata, al quale si rinvia per la ricchezza e l’originalità delle informazioni39.
Il priorato dovette a sua volta versare la decima sessennale, che papa Gregorio X negli anni 1274-1280 aveva richiesto ai vari enti della diocesi torinese «pro Terre Sancte subsidio». Si trattava in questo caso di una decima straordinaria che in quegli anni anche Giordano Cagnaccio, vicario del vescovo di Torino e rettore di S. Maria di Pozzo Strada, e il priore di S. Andrea dovevano pagare al collettore papale, consistente in 14 lire, 10 soldi e 6 denari viennesi e altri 26 soldi astesi40. Inoltre nel 1364 il priorato, insieme ad altri enti diocesani, era tenuto a versare la decima che papa Urbano V aveva concesso al conte di Savoia Amedeo VI per fortificare e riparare le fortezze («pro fortaliciis domini»), che il conte aveva al di là dei monti, in Francia. La decima richiesta al priorato consisteva in 7 lire, 13 soldi e 4 denari viennesi. Ma a parte queste decime straordinarie, il priorato non era obbligato a pagare al vescovo di Torino la tassa del cattedratico e altre imposte ecclesiastiche, segno evidente che, in quanto ente monastico esente dalla giurisdizione diocesana, godeva di una pressoché totale autonomia nei confronti del vescovo e del capitolo cattedrale41.
Forte di questa autonomia, il priorato stabilì relazioni di varia natura con altri enti monastici, con il movimento ospedaliero allora in rapida espansione e con la stessa compagine diocesana. Relazioni di buon vicinato e di collaborazione stabilì con l’ospedale di Porta Pusterla, fondato nel 1208 da Giovanni Carmenta, con gli Umiliati di S. Cristoforo, le monache di S. Chiara di Torino, gli Acaia, i conti di Savoia e il castellano di Moncalieri. Nel 1209 è lo stesso vescovo di Torino Giacomo a intervenire in una lite tra il priore di S. Andrea e il pievano di Liramo di Ciriè per i beni fondiari che il priorato possedeva nel Canavese, venduti indebitamente dal priore Oberto. Il vescovo, a cui fu affidata la composizione della vertenza, stabilì che il pievano di Liramo restituisse la metà dei beni contestati al nuovo priore Carlevario42.
Più difficili le relazioni con il capitolo cattedrale. Nel 1326 il priore Guido Berberio di Avigliana e l’abate di Breme Lantelmo contestarono al capitolo e al prevosto Oddone Zucca il diritto di decima su alcune terre che il priorato aveva nel territorio di Valdocco ai confini con Torino, lungo il fiume Dora e la via che da Torino conduceva a Collegno e a Rivoli. Il prevosto sosteneva che tale decima gli spettava come prebenda «de iure et ex forma privilegi capituli et consuetudine antiqua», prebenda che infatti era già appartenuta all’arcidiacono del capitolo cattedrale Oddone Silo. Nella lite che ne seguì, gli arbitri che dovevano definire la vertenza stabilirono che il priore e l’abate di Breme non erano tenuti a consegnare la decima al prevosto del capitolo cattedrale, ma che dovevano dargli in perpetuo ogni anno, nella festa di S. Maria di agosto, come sua prebenda cinque sestari e mezzo di frumento e un altro mezzo di segala secondo la misura di Torino43.
Note:
26 Cartario di Breme cit., pp. 3-5, doc. 4, a. 929; 309-312, doc. 241, a. 1315. [Torna al testo]
27 Cartario di San Solutore di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1908 (B.S.S.S., 44), pp. 23, doc. 10, a. 1048; Documenti inediti e sparsi cit., pp. 309, doc. 300, a. 1278; 313, doc. 304, a. 1279; 315, doc. 305, a. 1279; 316, doc. 307, a. 1280; Cartario di Breme cit., pp. 333, doc. 255, a. 1326; 376-77, doc. 293, a. 1369. [Torna al testo]
28 Carte superstiti cit., pp. 175, doc. 49, a. 1214; 180, doc. 56, a. 1220; Le Carte dell’Archivio arcivescovile cit., pp. 193-94, doc. 183, a. 1222. [Torna al testo]
29 Cartario di Rivalta cit., pp. 37, doc. 43, a. 1196; 47, doc. 54, a. 1202; 51, doc. 59, a. 1203; 53-54, doc. 61, a. 1204; 57, doc. 64, a. 1206; 67, doc. 73, a. 1213; 78-79, doc. 85, a. 1218; 125, doc. 125, a. 1241. Sui toponimi cfr. G. Casiraghi, La collegiata di S. Maria della Stella: capacità di rinnovamento dell’organizzazione ecclesiastica a Rivoli nel tardomedioevo, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 81 (1983), pp. 35-49. [Torna al testo]
30 Documenti inediti e sparsi cit., pp. 26, doc. 28, a. 1156; 71-72, doc. 81, a. 1213; Cartario del monastero di Santa Maria di Brione, a cura di G. Sella, Pinerolo 1913 (B.S.S.S., 67/2), pp. 45-48, doc. 53, a. 1252. [Torna al testo]
31 Documenti inediti e sparsi cit., p. 43, doc. 49, a. 1186; Le carte dell’Archivio arcivescovile cit., p. 152, doc. 144, a. 1209. [Torna al testo]
32 Cartario di Breme cit., pp. 415-17, doc. 307, a. 1405. [Torna al testo]
33 Le carte dell’Archivio del Duomo di Torino, a cura di G. Borghezio, C. Fasola, Torino 1931 (B.S.S.S., 106), p. 51, doc. 31, a. 1208. [Torna al testo]
34 Inventario e regesto dell’Archivio di Moncalieri fino all’anno 1418, a cura di F. Gabotto, in «Miscellanea di Storia italiana», serie III, tomo V (XXXVI), Torino 1900, pp. 440-41, n. 1992. [Torna al testo]
35 Cartario di Breme cit., pp. 417-420, docc. 308-309, 22 novembre 1413 e 30 agosto 1414. [Torna al testo]
36 Le carte dell’Archivio arcivescovile cite., p. 152, doc. 144, a. 1209; Documenti inediti e sparsi cit., pp. 312-314, a. 1279; inoltre p. 159, doc. 154, a. 1244; Cartario di Breme cit., pp. 376-77, doc. 293, a. 1369. [Torna al testo]
37 Cartario di Breme cit., pp. 414-15, doc. 306, 21 febbraio 1390. I Falletti di Alba erano infatti in relazione con l’abbazia di Breme, dalla quale dipendeva il priorato di S. Andrea; cfr. B. Del Bo, I Falletti di Alba e il loro itinerario politico nel crepuscolo angioino, in Alba medievale. Dall’alto medioevo alla fine della dominazione angioina: VI-XIV secolo, a cura di R. Comba, Alba 2010, p. 198. [Torna al testo]
38 Cartario di Breme cit., p. 314, doc. 243, a. 1315. [Torna al testo]
39 Gasca Queirazza, La Consolà – La Consolata cit., pp. 41-63; ma cfr. anche Franchetti, Storia della Consolata cit., pp. 139-186. [Torna al testo]
40 Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII-XIV. Lombardia et Pedemontium, a cura di M. Rosada, Città del Vaticano 1990, p. 313, n. 1740; inoltre pp. XI-XII, XIV. [Torna al testo]
41 G. Casiraghi, La diocesi di Torino nel medioevo, Torino 1979 (B.S.S.S., 196), pp. 190, n. 99, a. 1364; 212, n. 78; 224, n. 112; 225, n. 135; 227, n. 223; 244, n. 10, sec. XV. [Torna al testo]
42 Le Carte dell’Archivio arcivescovile cit., pp. 152-54, doc. 144, 10 febbraio 1209. [Torna al testo]
43 Cartario di Breme cit., pp. 337-39, doc. 256, 31 maggio 1326. [Torna al testo]
Link utili
Tratto da: Beato Giuseppe Allamano – La Chiesa di S. Andrea, ora Santuario della Consolata
Parte prima: La Chiesa di Sant’Andrea di Torino, oggi Santuario della Consolata (parte 1)
Parte seconda: La Chiesa di Sant’Andrea di Torino, oggi Santuario della Consolata (parte 2)
Parte quarta (fine): La Chiesa di Sant’Andrea di Torino, oggi Santuario della Consolata (parte 4-fine)