“Nel giugno 1212 un pastorello di nome Stefano, originario del villaggio di Cloyes presso Vendome, affermò di avere ricevuto una visita eccezionale: il Signore gli sarebbe apparso nelle vesti d’un umile pellegrino e, dopo aver diviso il pane con lui, gli avrebbe affidato una missione importantissima: consegnare alcune lettere al re di Francia Filippo II Augusto ( 1165-1223).”
Nel 1212 migliaia di fanciulli partirono dalla Francia e dalla Germania per raggiungere la Terra Santa. In realtà il gruppo si assottigliò durante il percorso verso Sud, molti si fermarono a Genova, alcuni giunsero forse a Brindisi, c’è chi dice che i ragazzi furono venduti come schiavi ai musulmani da parte di mercanti senza scrupoli.
Gli aspetti oscuri di questa vicenda sono tanti. Per questi strani pellegrini andati allo sbaraglio, forse, partire per la crociata significava riporre speranza in Gerusalemme, la città santa ove Cristo era morto e risorto, in quel luogo volevano attendere il ritorno del Salvatore e si aspettavano, già durante il cammino, la manifestazione di un miracolo che li guidasse verso la meta.
Stupore, indifferenza, disprezzo, secondo le fonti era l’atteggiamento verso questo episodio, per allora fuori del comune. La crociata dei fanciulli entrò presto nell’immaginario collettivo e non tardò ad assumere caratteri leggendari. Secondo l’Anonimo di Laon nel giugno del 1212, “ un certo fanciullo di nome Stefano, pastore,” proveniente dal villaggio di Cloyes, affermava che il Signore gli era apparso in forma di povero pellegrino, e da lui aveva ricevuto pane e delle lettere da consegnare al re di Francia.
Cosa ci fosse scritto in quelle lettere non ci è dato sapere; l’autore prosegue raccontando che a Stefano si unirono altri fanciulli provenienti da tutta la Gallia, della sua stessa età, circa trentamila che: “… lo seguivano in numero infinito e, profondamente ingannati da un diabolico incantesimo, abbandonavano padri, madri,nutrici e tutti quanti gli amici, cantavano nello stesso modo in cui canticchiava la loro guida; e … non potevano fermarli né il chiavistello né richiamarli il tentativo di persuasione dei genitori, perché non seguissero il loro suddetto maestro verso il mare Mediterraneo; come se dovessero attraversarlo…”
Nessuna città avrebbe potuto accoglierli a causa della loro moltitudine.
I fanciulli si raccolsero in preghiera vicino a Saint-Denis; e la gente correva a vederli, Stefano, intanto fece in qualche modo avere le lettere a Filippo II Augusto, re di Francia, il quale, le avrebbe girate ai maestri della facoltà teologica dell’Università di Parigi.
Il responso fu negativo, così Filippo Augusto pensò di liberarsi dell’incomodo rimandando i fanciulli a casa propria. Da questo punto in poi il quadro diventa alquanto oscuro e complicato. La delusione di Stefano e dei suoi seguaci fu grande; alcuni di loro decisero di abbandonare la missione preferendo la via del ritorno, ma altri hanno deciso di continuare quell’avventura nonostante il parere negativo degli ecclesiastici.
Tra di esse vi è la testimonianza di Alberico delle Tre Fonti, senz’altro la più affascinante, oltre che la più controversa. Secondo lui, una parte dei “pueri” si sarebbero spostati da Saint-Denis fino a Marsiglia; ad essi si sarebbero aggregati due uomini malvagi, che sarebbero stata la causa e la rovina di quei fanciulli. I due, mercanti e armatori di Marsiglia, avrebbero promesso di imbarcare e trasportare oltremare, “ per la causa di Dio”, su sette navi i fanciulli. Qui il tragico prologo: dopo appena due giorni di navigazione, due navi affondano nei presi dell’isola di San Pietro, a sud-ovest della costa della Sardegna.
Anni dopo, narra Alberico, papa Gregorio IX avrebbe fatto costruire una chiesa consacrata ai “Nuovi Innocenti”: qui i corpi dei bambini gettati in mare sarebbero stati custoditi e mostrati ai pellegrini.

Per le altre cinque navi il destino non fu meno tragico: una volta giunte ad Alessandria, i traditori vendettero tutti quei fanciulli a principi e mercanti saraceni. Il racconto di Alberico si conclude dicendo che i due traditori espiarono la loro colpa finendo impiccati in Sicilia qualche anno dopo.
La crociata tedesca avvenne nello stesso periodo. Su di essa si è meglio informati, in quanto le cronache fissano un abbozzo di itinerario, ma troviamo lo stesso atteggiamento ostile, derisorio o sconcertato delle fonti.
Le cronache non sono concordi tranne che su un punto: la fine tragica che la accomuna alla “peregrinatio “ francese.
Da due fonti di Colonia, probabili abati dell’epoca, scopriamo fanciulli riuniti da tutte le città e i villaggi della Germania, essi si radunarono in determinati luoghi per iniziare un cammino verso la Terrasanta.
A guida di questi fanciulli vi è un certo Nicola, fanciullo di Colonia, che portava sopra di sé un segno come di croce, un TAU, che avrebbe dovuto essere su di lui segno di santità e capacità miracolosa.
“….una grandissima schiera di fanciulli di entrambi i sessi si radunò non so per quale artificio…Camminavano tenendo davanti a se alcune insegne, dicendo di dover passare il mare…”
Secondo le fonti attraversarono le alpi e si diressero verso Genova e Pisa cercando le navi per arrivare in Terrasanta. Altre fonti, invece, affermano che Nicola avrebbe avuto da un angelo l’incarico di recarsi in Terrasanta e la garanzia di attraversare il mare a piedi asciutti; il mare si sarebbe spalancato davanti a lui e ai suoi seguaci, come davanti a Mosè e agli Israeliti ai tempi dell’Antico Testamento.
Il cammino di questa crociata, come presentato da varie fonti dell’epoca, è una moltitudine strana e composita: fanciulli, giovinetti e giovinette,uomini e donne, una massa eterogenea, in cui i fanciulli erano la maggioranza e il nucleo trainante.
Attorno a Nicola si radunò una moltitudine di gente, sino al formarsi di una processione che, muovendo da Colonia, si diresse alla volta dell’Alsazia e da li attraversarono le Alpi, molti morirono di sfinimento.
Il loro passaggio è testimoniato con sicurezza da alcune città dell’Italia settentrionale: Cremona, Piacenza e Genova. Le reazioni della gente al loro passaggio furono diverse, a volte di stupore, altre di ostilità, altre ancora di pietà e compassione.
Fu proprio a Genova che qualcosa di decisivo dovette accadere. Nicola non riesce a compiere il miracolo: il misterioso TAU non ha poteri taumaturgici, e il mare non si spalanca davanti ai pellegrini. Grande è la disillusione, qualcuno scelse la via del ritorno, altri continuarono a seguire la croce.
Alcuni cronisti segnalano infatti ancora due tappe importanti. Una di esse fu Roma, dove risiedeva il papa Innocenzo III. Il tanto desiderato incontro con il papa non avvenne,e i pellegrini si accorsero di quanto fosse stata inutile e sciocca la loro fatica ma tuttavia non furono sciolti dal loro voto di crociata.
Un ultimo gruppo riuscì a raggiungere Brindisi, ma fu bloccato dall’intervento del Vescovo; vi è data anche la notizia, in modo oscuro, della morte di Nicola.
La sconfitta è totale, non rimane che il ritorno; il destino per alcuni di loro sarà molto duro, molti cronisti testimoniano di questi ragazzi, che arrivarono ad un tale livello di povertà che purtroppo la maggior parte di loro finì a giacere morta di fame e stenti nelle piazze e nei villaggi.
Un quadro agghiacciante anche per quei tempi.
I contemporanei non capirono o non vollero capire cosa ci fosse dietro a tutto questo. Così fioriscono le spiegazioni fantasiose, la crociata dei fanciulli diventa prima mito che storia. Ruggero Bacone, nel 1266, nel suo “Opus maius”, si servì della crociata dei fanciulli per spiegare il concetto di “ fascinatio”, una sorta di potere di attrazione che alcune persone possono esercitare sugli altri.
La spiegazione più semplice, sta semplicemente nella forza della fede. Da questo punto di vista la Crociata dei bambini rappresenta davvero un miracolo di ingenuità e purezza. Il rapporto tra crociata e povertà non era e non sarebbe stato mai più così “ evangelico”.
Tratto da : Michele Claudio D. Masciopinto – Academia. Edu