Concepita da Carlo Magno come cappella privata all’interno del suo Palazzo residenziale, è oggi parte integrante della Cattedrale e svetta alta sui tetti della città di Aquisgrana (Aachen), sul confine Occidentale della Germania, a pochi passi dal Belgio e dai Paesi Bassi.
La sua realizzazione si deve a Oddone da Metz, architetto di corte, ed a Eginardo, sovrintendente alle fabbriche ed alle imprese artistiche carolinge. Ci vollero poco meno di venti anni per terminarla, dal 786 all’804 e venne consacrata l’anno successivo da Papa Leone III.
Tale cappella identifica la parte più antica della Cattedrale e si presenta con una struttura perfettamente geometrica, con un corpo ottagonale di 31 metri d’altezza e 16 metri di diametro. La scelta di avere una architettura a pianta ottagonale non è affatto banale, soprattutto in un periodo così simbolista come il medioevo. Da sempre, infatti il numero “8” è riconducibile a diversi significati, tra cui la Resurrezione del Cristo, l’equilibrio cosmico, l’eternità, l’immensità della volta celeste e l’infinito. Non a caso venne spesso utilizzato come unità di misura nelle realizzazioni architettoniche medievali, assieme ai suoi multipli e nel corso del tempo fece da modello per le costruzioni delle epoche successive, come nei Battisteri.

In corrispondenza della cupola, all’altezza del primo piano, si può ammirare l’originale lampadario bronzeo raffigurante la “ Gerusalemme Celeste”, donato alcuni secoli dopo da Federico Barbarossa e da sua moglie. Nel 1165 lo stesso Imperatore svevo fece traslare le ossa di Carlo Magno, posizionandole in un sarcofago di marmo finemente decorato. Successivamente nel 1215, suo nipote Federico II decise di far realizzare un prezioso scrigno in oro ed argento che

contenesse le sacre spoglie, tutt’ora conservato nella cattedrale di Aquisgrana.
Leggenda vuole che nell’anno 1000, a circa due secoli dalla morte di Carlo Magno, Ottone III volle scendere nelle cripte della Cattedrale per far visita alla tomba dell’Imperatore e raccontò che il suo corpo si ergeva seduto su di un trono, ancora in perfetto stato di conservazione, come se egli fosse ancora vivo, vestito con abiti regali, con il capo cinto dalla sua corona d’oro, lo scettro in mano ed i vangeli in grembo.
“Entrammo dunque da Carlo. Egli non giaceva disteso come gli altri defunti, ma, quasi fosse vivo, stava seduto su un trono. Era incoronato con una corona d’oro; teneva uno scettro nelle mani coperte da guanti che le unghie, crescendo avevano perforato, una volta entrati nella tomba, sentimmo un profumo intensissimo. Lo adorammo, inginocchiandoci senza indugio. Subito l’Imperatore Ottone lo rivestì di abiti bianchi, gli tagliò le unghie e restaurò tutto quello che s’era deteriorato intorno a lui. Invero, nessuna delle sue membra si era ancora disfatta ; mancava soltanto un pezzettino della punta del naso, che subito Ottone fece rifare in oro. Estrasse un dente dalla bocca di Carlo, ricostruì il monumento e se ne andò”, così come scrissero nelle cronache di Novalesa (XI secolo, n.d.r.).
Fonte: Viaggiando nella bellezza