lavagnetta con la scritta Ora et labora, sintesi più popolare della regola di san benedetto

La Regola di San Benedetto è da sempre una fonte inesauribile di insegnamento e di buone pratiche, è stata studiata e applicata, oltre che per l’aspetto religioso come è ovvio che sia, anche da un punto di vista organizzativo per i più disparati consessi umani, a cominciare dalle aziende. In quest’ultimo caso, la spinta è stata quella capire quali fossero i segreti e le leve per riuscire a coordinare tante persone e tante attività con risultati condivisi, efficienti e duraturi nel tempo. Non deve stupire che da tempo immemore una miriade di corsi motivazionali per dipendenti di qualsiasi livello e settore, o corsi di gestione per dirigenti, facciano riferimento alla Regola di San Benedetto come testo chiave per comprendere le impostazioni da dare alle aziende quando si vogliono ottenere risultati duraturi grazie a decisioni appropriate in termini di efficacia ed efficienza. Ecco, in breve, alcuni punti salienti che colpiscono immediatamente l’attenzione di chiunque decida di studiare in questa ottica la Regola:

  • avere presente la mission. Ovviamente San Benedetto non parlava in questo modo perché ai suoi tempi non si usava, ma nel delineare l’obbedienza descriveva il ruolo fondamentale della motivazione per qualsiasi azione venga intrapresa. Si tratta di coinvolgere ogni collaboratore in un progetto in cui si deve sentire partecipe e di conseguenza occorre renderlo consapevole di essere parte integrante dell’organismo aziandale: nessuno agisce volentieri e con successo se non conosce lo scopo della sua azione!
  • tenere in grande conto la persona. In una azienda è importante il rispetto dei pareri, anche dei più piccoli, fondamentale leva è la comunicazione e la condivisione delle scelte. Nel monastero benedettino tutte queste attività avvengono usualmente e formalmente nelle riunioni del Capitolo che funge da Consiglio di Amministrazione.
  • considerare il dirigere non come un comandare tout court, bensì come un portare giovamento a tutta la comunità. San Benedetto sottolinea come l’adesione di un capo al progetto deve essere costante, in modo da divenire un punto di riferimento per tutta la comunità.
  • chi dirige deve saper scegliere le persone chiave in base alle loro caratteristiche umane oltre che di merito, deve saper premiare e soccorrere, prima che punire. Nell’indicare i criteri di scelta, San Benedetto non parla di età, di preparazione o di ricchezza, ma sottolinea le doti umane che queste persone dovrebbero avere. E’ indispensabile una conoscenza profonda delle persone per impiegarle nel giusto modo e per raggiungere gli obiettivi desiderati.
  • è fondamentale saper ascoltare, non solo con le orecchie, ma anche con il cuore. Creando empatia ed immedesimandosi nell’altra persona è possibile meglio comprendere le varie questioni. In questo modo si creano incontri generativi e non scontri distruttivi e sterili.

Un insegnamento tra i tanti: «Tutte le volte che in monastero si devono trattare questioni importanti, l’abate convochi tutta la comunità, ed esponga lui stesso di che si tratti. E udito il consiglio dei fratelli, consideri la cosa dentro di sé e faccia quel che giudicherà più utile. È per questo che abbiamo detto di convocare tutti a consiglio, perché spesso è al più giovane che Dio rivela la decisione migliore» (Cap. 3).

Un raro esempio di democrazia per quei tempi, ma anche per oggi!

Di Claudio Bollentini

Presidente di Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti - https://www.linkedin.com/in/claudiobollentini/

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