biblioteca

“La biblioteca è la cosa più simile, sulla Terra, alla mente di Dio” (U. Eco).

Dell’antica e un tempo rinomata biblioteca di San Michele della Chiusa restano attualmente solo pochi manoscritti ed alcuni frammenti: il suo fondo librario purtroppo è andato disperso, e non è facile rintracciarlo perché i codici clusini, almeno a giudicare da quelli superstiti, non sembrano portare scritte di possesso, e d’altra parte non si sono conservati inventari antichi della biblioteca (l’unico noto è del 1621, di un anno appena precedente la soppressione del monastero). Nonostante queste difficoltà e la scarsezza delle testimonianze superstiti, è possibile ricostruire almeno in parte la fisionomia di questa importante biblioteca monastica, seguendone, nel corso dei secoli, le vicende.

Nel terzo decennio dell’XI secolo, esisteva a San Michele, una precisa organizzazione scolastica (“sumus novem scolastici” affermava il priore Benedetto, “qui simul discimus grammaticam”), non chiusa, ma rivolta anche verso l’esterno, con studi di perfezionamento fuori dal monastero, organizzazione cui non poteva ovviamente mancare l’appoggio di una biblioteca, che dobbiamo supporre “specializzata” e consistente.

La biblioteca, d’altra parte , è ricordata ricca e importante anche da Guglielmo, nella sua Vita Benedicti II abbatis Clusensis, motivo di orgoglio per i monaci clusini e oggetto delle costanti cure del bibliotecario Geraldo e dell’abate Benedetto. Geraldo, cui Guglielmo dedica il suo scritto, viene poeticamente paragonato, per la sua indefessa opera nell’arricchire il patrimonio librario del monastero, all’ape che va cercando nettare di fiore in fiore.

manoscritto

I libri della biblioteca, sono custoditi dal bibliotecario come se fossero tesori preziosissimi, e anche l’abate tiene particolarmente ad essi. L’abate non solo legge personalmente, ma impone ai suoi monaci di leggere le opere di Cassiano, mentre Guglielmo, il suo biografo, dimostra di conoscere bene Orazio e Virgilio, i cui scritti, non dovevano mancare nella biblioteca del monastero. Di tutto questo, delle “duas magnas domos plenas libris” dei tempi di Benedetto e della biblioteca amorevolmente raccolta da Geraldo, non resta oggi, pressoché nulla.

Possediamo invece due codici completi della seconda metà del XII secolo, che è il periodo di massimo splendore di San Michele della Chiusa. Si tratta di una parte del manoscritto Re. Lat. 173 della Biblioteca Vaticana e del manoscritto 0186 della Biblioteca dell’Accademia delle Scienze di Torino.

Col XIII secolo inizia per il monastero clusino un periodo inquieto, di difficoltà economiche e di decadenza.

Invece nel XIV secolo le testimonianze sono numerose e anche di un certo rilievo, data la ripresa che il monastero conobbe durante la prima metà del secolo, sotto la reggenza di due grandi abati, Guglielmo di Savoia (1310-1325) e Rodolfo di Montbel (1325-1359).

All’Archivio di Stato di Torino si conservano, riutilizzati come copertine di fascicoli notarili, parecchi frammenti di codici liturgici di vario genere.

Anche se l’interesse per gli studi giuridici a San Michele della Chiusa sarà documentato soltanto più tardi, nel 1441, è evidente che i testi di diritto non dovevano essere mai mancati nella biblioteca clusina, se non altro per la necessità di possedere gli strumenti per tutelare le estesissime proprietà del monastero.

pagine di codice miniato

Le testimonianze più importanti di questo periodo sono costituite da due manoscritti completi, un minuscolo volumetto di preghiere, scritto all’inizio o nella prima metà del XIV secolo per l’uso privato di un non meglio identificato Johannes, e il noto Breviario in due volumi del 1315, che una rubrica indica “secundum consuetudinem monasterii Sancti Michaelis de Clusa”

miniatura

Poco più tardo del breviario era poi un graduale, decorato, per quanto oggi ne resta, da iniziali a pennello rosso e blu con eleganti ornati grafici. Di esso purtroppo sopravvivono soltanto alcuni fogli, oggi all’Archivio Arcivescovile e alla Biblioteca del Seminario di Torino .

Sempre posteriore al breviario, doveva essere la Bibbia donata nel 1347 a San Michele della Chiusa dall’abate Rodolfo di Montbel: di questo manoscritto, andato disperso, sappiamo soltanto che era la Bibbia personale di Rodolfo e che era stata pagata 80 fiorini.

Dopo questo breve periodo felice, l’Abbazia riprende a declinare e nel 1379, passa in commenda, e da quel momento inizia per San Michele un processo di inarrestabile decadenza.

All’inizio del Quattrocento, però, sembra esservi di nuovo qualche segno di ripresa.

Di quel periodo si è conservato un minuscolo salterio-innario, oggi alla Biblioteca Nazionale di Torino (manoscritto E.VI.39), riferibile al monastero unicamente in base al calendario, che riporta non solo le feste dell’8 maggio e del 29 settembre, canoniche per il culto dell’Arcangelo e osservate in tutto l’Occidente, ma anche una festa il 29 maggio, tipica di San Michele della Chiusa, perché commemorante la consacrazione della sua prima chiesa. Il codice è piacevolmente decorato con una serie di iniziali dorate, relativamente grandi rispetto alle sue dimensioni, che si stagliano contro riquadri azzurro cupo, completate da lunghe code grafiche e da ornati a filigrana in rosso e blu.

codice miniato

Nel 1478, sotto l’Abate commendatario Giovanni di Varax, vescovo di Belley, viene indetto un capitolo generale, e tra le varie disposizioni per la disciplina e il restauro del monastero ve ne sono anche alcune per i libri: una regolamentazione rigida, con tutta una serie di proibizioni e di obblighi che fanno pensare che vi fosse un gran disordine al monastero. Nel testo delle disposizioni capitolari non si parla più di “biblioteca” ma semplicemente di “thesaurus”, di luogo cioè dove si conservano tanto i documenti storici del monastero che i libri, gli oggetti e i paramenti liturgici.

Va ancora preso in considerazione un manoscritto, il breviario D.VI.11 della Biblioteca Nazionale di Torino, di sicura provenienza clusina, perché dichiaratamente “ad usum Sancti Michaelis de Clusa”. La decorazione di questo codice, formata da una serie di pagine incorniciate da lussureggianti bordi fioriti, con vivaci vignette all’interno, si colloca nell’area di influenza di un eccezionale artista, Antoine de Lonhy, che opera a Tolosa e a Barcellona nel 1460 e 1462, e poi ancora in Savoia e Piemonte almeno tra il 1462 e 1477, e di cui solo recentemente è stata riconosciuta e ricostruita la sua attività di pittore, maestro vetraio e miniatore.

pagina di un codice miniato

La decorazione si svolge in 16 piccole vignette, poste all’inizio delle festività più importanti, che raccontano, i fatti della vita di Cristo e di alcuni santi.

Successivamente, nonostante la situazione generale a San Michele permanga grave, sembra esservi qualche volontà di ripresa: nel 1491 la scuola monastica era ancora attiva e la biblioteca in qualche modo doveva ancora esistere.

Da questo momento le notizie della biblioteca clusina si fanno sempre più scarse e rade. Testimonianze non ne rimangono; il monastero, sede ormai, a partire dal 1523, di un presidio militare, coinvolto nella guerra tra Francia e Spagna è sempre più spopolato, quando non addirittura abbandonato dai suoi monaci.

miniatura

Una piccola e non disprezzabile biblioteca esisteva invece ancora a San Michele, e ce lo documenta, pochi anni più tardi (1621), l’unico inventario del patrimonio librario clusino che ci sia pervenuto. Vi sono ormai soltanto quattro monaci al monastero e posseggono in tutto 42 libri (2 sono in mano al priore, 6 al sacrista, 19 al tesoriere, 15 all’elemosinario). Non si capisce se vi fossero ancora manoscritti, e di quale antichità. Fra i titoli spiccano: la Logica di Porfirio, la Logica e la Fisica di Aristotele, le Lettere di Cicerone.

Nel 1622 infine, l’Abbazia viene soppressa, ed è fondata invece a Giaveno una collegiata di canonici, presso la quale viene portato quanto restava dell’archivio e della biblioteca clusina. Del fondo librario della collegiata giavenese, conservato presso la Biblioteca del Seminario di Torino, restano attualmente 152 volumi dei quali solo due o tre potrebbero essere ancora elencati nel 1621; non vi sono in ogni caso più manoscritti.

Fonte: La Sacra di San Michele. Storia Arte Restauri. Ed. Seat 1990 – Costanza Segre Montel

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.

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