Quando la verità storica è a servizio della conoscenza può solo nobilitare territori e sua cultura. Dal 1696 si è creduto che S. Nicodemo fosse nativo di Cirò (KR). Ma è stato un malinteso prodotto dall’interpretazione errata del nome del luogo, inesattezza superata e acclarata da ricerche approfondite di eminenti storici medievisti. Lo studio di fonti ha messo in luce come spesso, nel passato, sbagliate interpretazioni o affermazioni approssimative, abbiano indotto molti studiosi in errori che si sono tramandati nel tempo, condizionando una più autentica lettura della storia. È necessario, tuttavia, poter andare oltre quegli elementi che la pietà popolare ha introdotto nel corso dei secoli narrando fatti tramandati, spesso oralmente, la gran parte dei quali amplificati o minimizzati da spinta opportunista e emozionale. Ergo: S. Nicodemo non nacque a Cirò, né mai venne a Cirò, non esiste una casa natia, né una fontana dei miracoli, sono solo fantasie insistite che offendono la devozione al Santo ad alimento di mera creduloneria, o speculazione di cui servirsi, nuocendo alla storia e cultura del Paese che si pregia però della presenza delle Reliquie del Santo, queste sì, autentiche, Santo che ancora oggi ha molto da insegnare e che ha contribuito a rafforzare il carattere mistico della Calabria.
Di S. Nicodemo, la vita è conosciuta grazie al Sermone sulla vita del santo padre nostro Nicodemo ad opera dell’umile monaco Nilo, composto in greco nel XII secolo. Esso fu trascritto nel 1307 da un monaco siculo-greco del Monastero del SS. Salvatore di Messina, di nome Daniele. La copia originale, quella scritta dal monaco Nilo, è andata perduta, la trascrizione del monaco Daniele è conservata nel Codice Messinese presso la Biblioteca Universitaria di Messina. Il manoscritto è un’opera celebrativa che faceva parte di una raccolta di Vite di Santi o Discorsi per le loro ricorrenze, in uso dei tempi, e rievocato per essere letto ai monaci della comunità nel giorno della commemorazione del Santo, il 12 marzo, giorno della sua nascita al Cielo.
E, facendo mio un concetto propositivo cui esorta Tommaso d’Aquino, la fede emotiva non è fede, le emozioni non sono il soggetto della fede, soggetto della fede è l’intelletto speculativo, ci apprestiamo a penetrare l’aspetto che, più d’ogni altro, è stato oggetto di controversie: il luogo di nascita.
Lo storico Giovan Francesco Pugliese, nel suo Della Descrizione ed Istorica Narrazione dell’origine e vicende politico-economiche di Cirò, scrive che Nicodemo nasce a Ypsicron – antico nome di Cirò – Di lui si gloria ed onora Mammola, Cirò e la Calabria. Nel 7 dicembre 1737 ottenne Breve dal Pontefice Clemente XII colla conferma della dichiarazione di cittadino, e Santo protettore fattane da Papa Urbano VIII nel 3 marzo 1630. [Cf. Vol. I, pp. 200-201]. Tuttavia non sappiamo la fonte da cui attinse la notizia. Ergo: è inesatto quanto Pugliese riporta circa notizie di un Breve di Papa Urbano VIII datato 23 marzo 1630; questo breve non riguarda l’elezione di S. Nicodemo a Protettore di Cirò, ma l’istituto del Patronato dei Santi in genere, che tale Papa volle disciplinare stabilendo: che il Santo da eleggere come Patrono fosse canonizzato; che l’elezione fosse fatta dal popolo col consenso del Vescovo e del clero; che l’elezione stessa fosse approvata dalla S. Congregazione dei Riti. [Cf. Giuseppe Gallucci, Sikros, terra natale di s. Nicodemo, in Bollettino della Badia Greca di Grotteferrata, n.s. XXXV (1981), p. 192]. Troviamo scritto nel testo di G. F. Pugliese: Nel rione del Portello antico Girifalco, ed antichissimo Ypsicron esisteva la Chiesa dedicata a S. Pietro Apostolo. Questa è andata in rovina; ma vi sorge poco discosta una chiesetta che la famiglia Terranova per divozione ha cominciato ad edificare sulle sdrucite mura della casa in cui nacque il nostro concittadino e Protettore S. Nicodemo Abate. Ma, anche qui, non dice dove attinse la notizia della casa in cui presume nacque il Santo.
Circa il tema del luogo di nascita di S. Nicodemo, vi è un documento prezioso – atto del notaio Giuseppe Fortuna del 14 gennaio 1696 -, che si trova nell’Archivio di Stato di Catanzaro, da fogli 1-2v del relativo protocollo. Carlo Francesco Spinelli, Principe di Tarsia e Marchese di Cirò – il Feudo di Cirò nel 1569 venne messo in vendita e acquistato dalla famiglia Spinelli di origine napoletana [Cf. G. F. Pugliese, Della Descrizione…, p. 179] -, avanti al notaio, al regio giudice e ai testimoni, presenta una reliquia, cioè una mascella con due molari del Corpo di S. Nicodemo. Trattandosi di un Santo cui molti si rivolgono per ottenere miracoli e che per giunta si diceva cittadino di Cirò, detto Principe, volendo anche dimostrare il suo ‘paternum affectum’ verso questa cittadina, promette di consegnare la sopradetta reliquia ai suoi abitanti.
Dall’Archivio di Catanzaro risulta chiaro, quindi, che la consegna delle reliquie, avvenuta nel 1696, si verifica per interessamento del feudatario del tempo, il Principe D. Carlo Francesco Spinelli, legato ai suoi sudditi di Cirò da un particolare affetto, e non a titolo di transazione tra le due Università, di Cirò e Mammola e, cioè, come conclusione di un processo che mai ci fu per la custodia delle spoglie mortali di S. Nicodemo. Dal documento risulta che la proclamazione di S. Nicodemo a Patrono e Protettore di Cirò, risale al 14 gennaio 1696.
Ne consegue che, la tradizione che vuole S. Nicodemo nativo di Cirò non è antichissima, perché affonda le sue radici nella seconda metà del XVII secolo; a comprova di ciò, concorre un altro fatto. Dal documento notarile citato, risulta chiaramente che il popolo di Cirò volle proclamare S. Nicodemo suo Patrono e Protettore proprio perché convinto che fosse suo concittadino. Lo si evince dai documenti allegati all’atto stesso. Si può dedurre che il popolo stesso non era a conoscenza del supposto compaesano Nicodemo, almeno fino al 1663, anno in cui elesse S. Antonio di Padova a suo Santo Protettore e, per giunta, dopo che nel 1634 aveva già eletto un altro Santo Patrono, cioè S. Francesco di Paola.
Ora, e come emerge dal documento d’archivio, nel 1696 san Nicodemo era considerato cittadino di Cirò. Ma cosa generò questo intendere? Da dove si apprese che fosse nativo di Cirò? La risposta è data dal libro di Apollinare Agresta, Vita di S. Nicodemo Abbate dell’Ordine di S. Basilio Magno. Prima del 1677, la notizia di Nicodemo cittadino di Cirò non era conosciuta. Tanto è vero che, Gabriele Barrio nel 1571, in De antiquitate et situ Calabriae, parla di S. Nicodemo di Locri, e Girolamo Marafioti nel 1601, in Croniche et Antichità di Calabria, scrive: è stato nativo cittadino Locrese il Beato Nicodemo monaco dell’ordine di S. Basilio; e ancora, ricorda Gallucci, nel 1630 Paolo Gualtieri, in Glorioso trionfo over Leggendario dei Santi di Calabria, lo menziona come S. Nicodemo di Mammola. Se a tali studiosi, ai loro tempi, fosse stato noto che S. Nicodemo era originario di Cirò, senz’altro l’avrebbero riferito, come pure ne avrebbe dato notizia Ottaviano Pasqua, vescovo di Gerace che, invece, ebbe modo di indicare S. Nicodemo come cittadino di Gerace – Civis …Hieracensis fuit – nell’Editto che emanò nel 1588 in occasione della seconda traslazione delle reliquie del Santo e, cioè, dalla chiesetta di S. Biagio, che sorgeva presso l’abitato di Mammola nell’attuale cimitero, alla nuova chiesa abaziale.
L’Abate Agresta consultò il Bios, conosciuto grazie al su menzionato “Sermone”. Nel manoscritto Agresta legge che S. Nicodemo nacque nelle Saline (en salinais), in un villaggio denominato Sikròs. Nel 1600 si indicava Cirò con denominazione Ipsycrò o Psycrò; si sapeva pure che non lontano da tale paese, esistevano le saline del fiume Neto. Agresta, però, non si soffermò ad approfondire località. In questo stato di cose, in buona fede, identificò Sikròs con Psycrò e le Saline del fiume Neto con le Saline menzionate nel Logos di S. Nicodemo. La narrazione dell’Agresta presenta, inoltre, diverse inesattezze, tra queste, ad es., i nomi dei genitori che il bios proprio non menziona.
Nel 1954 Giuseppe Schirò tradusse dal greco e pubblicò la Vita di S. Luca, vescovo di Isola Capo Rizzuto, il cui manoscritto, composto fra il 1116 e il 1120, si conserva nel codice 29 della biblioteca universitaria di Messina. Nella versione italiana si legge indicazione sull’ubicazione del territorio delle Saline: “Nella regione calabra delle Saline (Chora Salinòn) vi è un paese chiamato Melicuccà”, cioè la patria di S. Luca; quindi le Saline si trovavano nell’attuale provincia di Reggio Calabria, nel versante del mar Tirreno. Ma perché si avesse piena convinzione dell’errore geografico commesso dall’Agresta, bisogna aspettare il 1962, anno in cui Giuseppe Rossi Taibbi pubblicò il testo greco del Bios di S. Elia il Giovane, che costituisce una pietra miliare nel campo dell’agiografia bizantina. L’autore dopo aver esaminato le varie fonti storiche in cui è menzionata la regione delle Saline – Vita di S. Elia il Giovane, Vita di S. Luca d’Isola, Vita di S. Filareto, Vita di S. Nicodemo, Vita di S. Elia lo Speleota, Le cronache di Goffredo Malaterra, un cronista normanno del secolo XI -, conclude che il territorio delle Saline corrispondeva al circondario di Palmi, per cui il villaggio di Sikròs, ricorrente pure in due passi della Vita di S. Elia lo Speleota, non può essere identificato con Cirò sul versante del mar Ionio. Inoltre, che le Saline ricorrenti nelle agiografie sopra indicate, non sono quelle del Neto, lo conferma anche il fatto che queste ultime, sin dai tempi antichi, vengono indicate con la specifica ‘del fiume Neto’ -salina Neti-, specifica che non esiste nelle agiografie medesime. (Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri, Napoli, 1967, p. 106, anni 1266-1270: “Mandatum pro abbate et conventu monast Floris, qui exponerunt debere consequi unc. Auri X super salina Neti annis singulis”). In Vita di san Nicodemo di Kellerana, Melina Arco Magrì scrive: nel bios si legge che la famiglia del Santo dimorava in Saline, in un villaggio chiamato Sikròs. Si trattava di un borgo della Valle delle Saline, vale a dire dell’attuale Piana di Gioia Tauro. Sikròs sorgeva nei pressi di Palmi, nella località denominata Sigrò. Nel volume Storia dell’Italia bizantina (VI-XI): da Giustiniano ai Normanni, di Salvatore Cosentino, è menzionato Nicodemo di Cellerana, senza alcun riferimento a Cirò, si afferma che fosse nato a Sigrò presso Palmi, nella Calabria Citeriore. A fugare ogni residuo dubbio, giungono 47 pergamene greche del periodo 1050-1065, relative alla diocesi di Oppido, pubblicate dallo storico francese André Guillou nel 1972 (La Théotokos de Hagia-Agathè, Oppido, -1050-1064-1065-, Città del Vaticano, 1972): in esse figurano cinque atti di donazione riguardanti beni situati nel villaggio di Sikròs, nella regione delle Saline (eparchia Salinòn); tale regione, corrisponde all’area geografica – circondario di Palmi – proposta da Rossi Taibbi.
Si desume, pertanto, che S. Nicodemo è originario di Sikròs. Va da sé che l’articolo proposto narra in sintesi le risultanze chiarite. È naturale che la preziosa potenza benedicente di S. Nicodemo continua a vegliare sul territorio di Cirò (KR), paese che si pregia di custodire sua Santa Reliquia autentica. La presenza spirituale del Santo nel territorio di Cirò, valica ogni desiderio di arroccarsi a una tradizione che ha portato avanti un credo, in assoluta buona fede, ma che necessita oggi, alla luce della conoscenza rilevata, di convertirsi al lavoro di attendibilità della storia, senza nulla togliere alla devozione che semmai si accresce. È da una presa di coscienza che scaturisce la sollecitudine per l’uomo di avvertire, come onere etico, l’impegno per prodigarsi verso l’umile servizio alla verità, alla storia, al territorio, sottraendosi ad ogni retaggio di relativismo religioso. Un impegno culturale, non sorretto da valori interiori, è debole. Il sapere autentico è conoscere secondo le cause. Si tratta di un atteggiamento critico, che porta a non accontentarsi dell’opinione comune, all’omologazione dei concetti ma, al contrario, spinge a chiedersi la causa di ogni realtà, senza ricorrere a racconti strumentali. E, con Sant’Agostino, possiamo affermare che qualsiasi evento storico, per quanto, per alcuni, nefasto possa sembrare, è sempre posto su di una via che porta al positivo, ha sempre un significato costruttivo, per chi nutre senso sano di Cultura, di Comunità e ama il bene comune della Casa comune.