Una corazzata fra le nuvole, una gigantesca sentinella sulla cima di un monte. Messa a guardia dei confini nazionali e poi ferita a morte dal progresso tecnologico. E’ la storia dello Chaberton,il forte più alto d’Europa, un primato italiano che costituiva uno dei principali capisaldi del Vallo Alpino, un sistema di fortificazioni, paragonabile alla Linea Maginot, nato già alla fine dell’800 per proteggere i confini con la Francia, la Svizzera, l’Austria e la Jugoslavia.

Con la stipulazione della Triplice Alleanza (1882), a fianco dell’Impero Austro-Ungarico e dell’Impero Germanico, il giovane Regno d’Italia si trovava nella condizione di dover fortificare la frontiera Occidentale per difendersi dalla Francia. Al valico del Monginevro, le fortificazioni italiane erano decisamente inferiori, per numero e potenza di fuoco a quelle francesi. La presenza di caserme, di uno scalo ferroviario in grado di trasportare velocemente truppe e cannoni, facevano del Colle del Monginevro un’importante e temuta via di invasione da parte francese del territorio italiano.

Fu presa quindi la pazzesca decisione di edificare una batteria permanente sulla vetta del Monte Chaberton a 3.130 metri di altezza. La sfida costruttiva per l’epoca era titanica, e gli ostacoli da superare enormi. Del progetto e della costruzione fu incaricato il capo della sezione staccata del genio di Cesana Torinese, il capitano Luigi Pollani Miglietta, che seguì i lavori dal 1888 al 1908, anno in cui venne trasferito in Veneto.

A Cesana vennero costruite delle casermette per ospitare il numeroso presidio militare. Per avere accesso alla vetta ed al cantiere, venne costruita una carrareccia militare (Fenils-Chaberton) di circa 14 Km., e un’ardita teleferica che partiva da Cesana. Questo impianto funiviario di grande potenza era per l’epoca assolutamente innovativo e unico nel suo genere: dislivello 1785 metri, lunghezza sull’inclinata 3.783 metri, pendenza media 53,6%. Il progetto della batteria prevedeva lo spianamento della vetta, che si abbassò di circa tre metri, e la costruzione su uno scalino ricavato dalla viva roccia sul versante rivolto verso l’Italia, di un parallelepipedo di calcestruzzo sormontato da otto torri armate con cannoni da 149/35. Per l’epoca la soluzione era innovativa, lo spalto di roccia antistante proteggeva completamente la batteria dai tiri diretti, e l’assenza di artiglierie a tiro curvo, rendeva lo Chaberton invulnerabile. La soluzione delle cupole su torri alte più di 5 metri, risolveva il problema dell’abbondante innevamento. Tutti i problemi legati alla costruzione vennero risolti egregiamente dal Miglietta, ma purtroppo dopo il suo trasferimento, i lavori proseguirono con lentezza e disinteresse, giungendo al completamento nel 1914, quando ormai era diventata obsoleta.

La comparsa dell’Arma dell’Aviazione e di artiglierie a tiro curvo precise, faranno diventare la batteria dello Chaberton vecchia e vulnerabile.

Il fiore all’occhiello dell’artiglieria italiana, il “ Forte delle Nuvole”, diventerà ben presto un “ gigante dalla testa d’argilla”. Nel giugno del 1940 i francesi si faranno trovare preparati alla prova del fuoco, ma gli italiani no, e ne faranno le spese i giovani artiglieri dello Chaberton.

Non appena ultimata, nel 1914, la batteria dello Chaberton venne disarmata. Il Regno d’Italia aveva cambiato orientamento e deciso di allearsi con la Francia e Inghilterra; i suoi cannoni furono quindi inviati alla frontiera orientale.

Tra gli anni 20 – 30 del 1900, vennero effettuati i lavori di scavo delle gallerie sotto lo spalto.

Nel 1927 con l’ausilio di trattori di artiglieria, vennero riportati alla batteria i cannoni. Per tutto questo periodo, la batteria fu occupata stabilmente dagli alpini del 3° reggimento per il servizio di guardia, e nella bella stagione, da militari del Genio (per i lavori) e da artiglieri da fortezza ( per le esercitazioni e la manutenzione delle armi). Negli anni 30 iniziarono i lavori del “ Vallo Alpino”, e vennero costruiti due centri in caverna al Colle dello Chaberton, armati di due mitragliatrici fiat md.35.

Questi due centri dovevano interdire in caso di attacco, le infiltrazioni francesi.

L’inverno 1939-1940 fu l’ultimo di pace per la batteria dello Chaberton, la seconda guerra mondiale era già scoppiata e dense nuvole di guerra si addensavano all’orizzonte. Il presidio contava 150 uomini, tutti gli “ anziani” della batteria, i richiamati delle classi 1918/19 e le reclute delle classi 1920/21.

In linea di massima la vita allo Chaberton procedeva come sempre, tra lavori di manutenzione e addestramenti. La quotidianità veniva sovente interrotta dalle visite di alti ufficiali.

Il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarava guerra a Francia e Inghilterra, entrando a fianco dell’alleato tedesco nella seconda guerra mondiale.

Nel settore del Monginevro, gli otto cannoni dello Chaberton avrebbero supportato con il loro fuoco l’avanzata in territorio francese dei fanti delle divisioni “Assietta” e “Sforzesca”.

La prima azione di fuoco della batteria avvenne il 17/6/1940, quando sparò otto salve contro il forte francese “ des Olive” posizionato a 8 Km. di distanza. Il tiro venne effettuato alla cieca in quanto le nuvole impedivano l’osservazione diretta. Tra il 18 e il 20/6/1940, la batteria dello Chaberton intervenne più volte contro obiettivi francesi, come i forti “Janus,Gondrans,Infernet,Les Aittes, Trois Tetes” e alcune batterie campali che stavano massacrando i fanti italiani sulle direttrici d’attacco. Fino a quel momento le due sezioni di mortai francesi da 280 mm. Schneider Creusot, appositamente piazzati in posizione ben defilata al di sotto della cresta dell’Infernet al Poet Morand e all’Eyrette, avevano dovuto tacere.

Le condizioni atmosferiche avverse impedivano agli osservatori francesi di vedere la vetta dello Chaberton. “ Il Forte delle Nuvole”era da queste nascosto e protetto. Ma la mattina del 21/6/1940, le nuvole si diradarono e i mortai francesi iniziarono il fuoco di controbatteria, bastarono poche salve per regolare il tiro sullo Chaberton. Dalle ore 17 del 21 giugno un martellante e preciso fuoco iniziò a demolire la batteria dello Chaberton. Nel giro di poche ore vennero distrutte o rese inutilizzabili 6 torri su 8, teleferica distrutta, deposito viveri devastato, collegamenti elettrici e telefonici con il fondovalle interrotti.

Gli Italiani non seppero mai individuare da dove provenisse il fuoco francese. Si contavano già 9 morti e 50 feriti. Il presidio della batteria era ridotto alla fame e alla disperazione. Eppure con un moto d’orgoglio continuò a combattere con i 2 cannoni superstiti fino all’1,35 del 25/6/1940, quando entrò in vigore l’armistizio fra Italia e Francia. Pur mutilato e sanguinante il vecchio titano dello Chaberton non si arrese, i suoi orgogliosi artiglieri, continuarono a combattere fino alla fine un nemico invisibile e micidiale.

Dopo la battaglia delle Alpi, la batteria dello Chaberton venne presidiata da un pugno di uomini. L’inverno 1940/41 fu il più duro; con la teleferica e l’impianto elettrico non funzionanti, la vita di quei pochi artiglieri fu un inferno. Cibo e acqua razionati, freddo, avevano l’impressione di essere stati abbandonati. Nella primavera del 1941, la teleferica venne rimessa in funzione. Alla fine dell’estate del 1941 le salme dei 9 caduti vennero trasportate a valle per essere seppellite nel cimitero di Cesana.

Nel luglio 1943 gli operai dell’arsenale militare di Torino, si recarono alla batteria per smantellare le cupole superstiti.

Dopo la fine della guerra, con i Trattati di Parigi nel 1947 ,la Batteria dello Chaberton,venne annessa alla Francia, e i francesi decisero di smantellare quello restava.

Oggi, la maestosa fortezza è ancora parzialmente visitabile anche internamente, benché priva di manutenzione, illuminazione e ingombra di ghiaccio, muta testimone di una terribile guerra.

Fonte: R. Guasco – L’artigliere dello Chaberton –

Di Emerenziana Bugnone

Socia Monastica Novaliciensia Sancti Benedicti, volontaria culturale e accompagnatrice.

Lascia un commento