Dal 28 dicembre 2020 al 1 gennaio 2021 ci sarà un’ostensione straordinaria della Santa Sindone; quale occasione migliore per conoscere meglio questa immagine affascinante e misteriosa che richiama e conserva nella nostra memoria i tratti del volto e del corpo del Signore risorto. Patrimonio dell’intera Chiesa che Torino ha l’onore di conservare e custodire.
Tra le testimonianze devozionali nei confronti della Sindone un ruolo di particolare rilievo ricoprono le sue raffigurazioni. Nell’immagine impressa su quel lenzuolo gli uomini hanno infatti da sempre visto una sorta di “ illustrazione”, quanto mai drammatica, immediata e commovente, dei racconti evangelici della passione e morte di Cristo, mai per altro disgiunte dal mistero pasquale, a ciò condotti anche da una attenta pastorale perseguita dalla Chiesa sin dal Cinquecento.
La nascita tuttavia di una vera e preordinata iconografia sindonica si deve far risalire al momento del passaggio del Lenzuolo alla dinastia sabauda (1453), ed in particolare modo al tempo di Emanuele Filiberto.
La Sindone, infatti, nella seconda metà del Cinquecento, ormai entrata ufficialmente nella vita della Chiesa attraverso la concessione della liturgia da parte di Giulio II (1506), acquista un ruolo ben definito nell’ambito della politica sabauda e della pastorale tridentina.
Da una parte la Casa regnante,trova nel possesso della Sindone una legittimazione dinastica e una legittimazione religiosa. Dall’altra parte una Chiesa che affronta l’impellente necessità di una profonda riforma. I suoi pastori vedono nella Sindone uno strumento privilegiato di pastorale, il cui ruolo si svilupperà di conseguenza lungo tutto il periodo barocco, segnando in maniera significativa la spiritualità di quei secoli. La coincidenza di questi due interessi porta la Sindone ed il suo messaggio a superare la diffusione locale, per assurgere a notorietà pressoché universale. Ne rendono testimonianza le numerose pubblicazioni che vedono la luce in quei secoli, ma soprattutto l’enorme diffusione iconografica. Tra le espressioni più interessanti di quest’ultima sono da annoverare le riproduzioni del Lenzuolo in grandezza naturale, sicuramente di fruizione elitaria, ma non per questo rare. Gli studi di don Luigi Fossati, proseguiti da don Giuseppe Terzuolo, hanno sino ad oggi raccolto testimonianze dell’esistenza di circa 150 di tali riproduzioni, due terzi delle quali ancora oggi esistenti. La loro diffusione consente di valutare anche il livello di disseminazione del culto sindonico: tra le più antiche ve ne sono ad esempio di localizzabili nella penisola iberica, ma anche in Sudamerica. E’ documentato un utilizzo di tali riproduzioni molto vario: da oggetto di pietà a carattere domestico o monastico, a strumento di devozione pubblica, con casi di ostensioni che in alcuni casi portarono nel tempo a confondere la copia con l’originale, a corredo di manifestazioni cultuali segnatamente nella settimana santa, quando vennero utilizzate in processioni e nel rito dell’”entierro”.
A rinforzo del ruolo e significato proposto, spesso venivano messe a contatto con l’originale, trasformando quindi la copia in un venerabile” brandeum”, e questa può essere la ragione per cui si verificarono casi di confusione tra originali e copia.
La testimonianza di tale contatto è sovente riportata nella stessa didascalia del telo e documentata da certificazioni che ne accompagnano la tradizione. Dal punto di vista della realizzazione si tratta di opere generalmente anonime, e, anche per la difficoltà di riprodurre l’immagine che si rivelerà essere un negativo fotografico, dal valore artistico modesto. Alcune, poche, sono riconducibili ad autori individuati. E’ il caso di quella conservata nella sacrestia della Cappella del Guarini, opera di Carlo Cussetti (1866-1949). Pittore e restauratore, il Cussetti fu allievo di E. Gamba all’Accademia Albertina di Torino e collaboratore di R. Morgari nelle decorazioni al Quirinale. Lavorò molto per Casa Savoia ed anche per i salesiani. La copia sindonica venne dipinta nel 1898. Un articolo del Fossati riporta un passo dove il salesiano Antonio Tonelli, studioso e divulgatore della Sindone, ne ricorda l’esecuzione:
“ Nel 1898 il prof. Cussetti, pittore aulico, ebbe l’incarico da Sua Maestà (allora principe di Napoli Vittorio Emanuele) di riprodurre al naturale la Sindone. Durante gli otto giorni di ostensione potè copiarla, fece un abbozzo al naturale, un piccolo schizzo ad acquerello e poi una tela che è esposta nella sacrestia della Cappella della Santa Sindone…”. Durante la stessa ostensione vi è notizia che fosse stata realizzata un’altra copia da E. Reffo, della quale si è persa traccia. Il risultato della fotografia eseguita da Secondo Pia rese superfluo il valore documentario di queste ultime copie, che vennero tuttavia utilizzate a lungo quale elemento dimostrativo, in particolare confrontandone il negativo fotografico con quello della Sindone, dell’impossibilità di riprodurre l’impronta sul Lenzuolo con tecniche manuali.
Bibliografia: Gian Maria Zaccone da “ Il Tesoro della Sindone” –
D. Piazza Editore